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Viaggio nella siccità di Kean: era tutto merito di Palladino o c’è dell’altro?
Moise Kean, fino a pochi mesi fa, sembrava aver finalmente trovato la sua terra promessa a Firenze. Sotto la guida di Raffaele Palladino, l’attaccante classe 2000 aveva vissuto una metamorfosi totale, chiudendo la scorsa stagione con numeri che parlavano di una rinascita compiuta: 25 reti in tutte le competizioni e una partecipazione costante alla manovra che aveva fatto dimenticare gli anni bui a Torino. La Fiorentina sembrava aver risolto il cronico problema del centravanti, trovando in Moise un terminale capace di segnare un gol ogni 140 minuti giocati. Tutto sembrava apparecchiato per una consacrazione definitiva, ma l’attuale campionato sta raccontando una storia diametralmente opposta.
Il calo, più che al rendimento atletico - corsa e lotta non sono mai mancate - è da imputare alla mancanza di freddezza sotto porta. Se l'anno scorso Kean viaggiava con una media realizzativa d'alto profilo, oggi i dati raccontano di un giocatore in una crisi preoccupante. In questa prima parte di Serie A, Moise ha trovato la via della rete con il contagocce, peggiorando sensibilmente la sua percentuale di conversione tiri-gol, passata dall'oltre 21% (88 tiri totali/19 gol) della scorsa stagione a meno del 6% (71 tiri totali/4 gol) di quella in corso. Un dato che evidenzia non solo una mancanza di precisione, ma anche una perdita di fiducia sotto porta che sta pesando enormemente sulle sorti della squadra. Nei campionati principali, in questa stagione, soltanto un giocatore ha tirato più spesso, ed è Kylian Mbappé del Real Madrid, che però con i suoi 88 tiri è riuscito a segnare già 18 gol.
Analizzando i dati nel dettaglio, emerge come Kean si muova meno senza palla e venga servito in maniera peggiore nella zona offensiva. L’anno scorso Moise toccava mediamente 35 palloni a partita nella trequarti avversaria; oggi quella cifra è quasi dimezzata, con conseguenti minori occasioni per far male al portiere.
Fallite finora le risposte sul campo. Con il passare delle giornate, Kean è diventato l'ombra del trascinatore ammirato solo pochi mesi fa. Un’involuzione che solleva il dubbio più atroce per la dirigenza viola e per la città di Firenze: e se la stagione scorsa fosse stata solo una parentesi felice, un exploit isolato in una carriera fin qui troppo altalenante?
A rendere ancora più opaco il quadro intorno al numero 20 viola, si è aggiunto nelle ultime ore un nuovo tassello che sposta l'attenzione dal campo alla sfera privata. Moise Kean ha infatti usufruito, nuovamente, di un permesso concordato con la società per far fronte ad alcuni problemi familiari, motivo per cui ha saltato l'allenamento di ieri. Il suo rientro al Viola Park è previsto nei prossimi giorni, ma l'episodio ha inevitabilmente acceso i riflettori su quanto il fattore extra-calcistico possa aver pesato sul suo recente rendimento. Da sottolineare come anche nell'aprile del 2025, durante la trasferta dell'allora squadra di Palladino a Cagliari, l'attaccante italiano abbia chiesto e ottenuto un permesso analogo. Kean ha saltato due gare di campionato, ma dopo il suo ritorno ha segnato due reti in tre partite.
Le premesse per un riscatto, comunque ci sarebbero, ma serve una scossa immediata. La Fiorentina non può permettersi un numero 9 che non incide, specialmente dopo aver investito cifre importanti sul suo contratto in estate. Il tempo delle scuse è finito, ora parlano i numeri. E i numeri, purtroppo, al momento non gli danno ragione. Moise saprà reagire a questo momento di appannamento, scacciato solo con la maglia azzurra e - va detto - contro avversari modesti come Estonia e Israele? Saprà rispondere con un secco NO alla domanda "Ma quindi era tutto merito di Palladino?" Al 2026 l'ardua sentenza.
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