Identità
—Ecco. Semmai è stato proprio questo il suo errore. Aver avuto la presunzione di marchiare a fuoco fin da subito la sua creatura nonostante il gruppo avesse fatto intendere chiaramente di non essere pronto alla rivoluzione. Probabilmente sarebbe stato più saggio avere un impatto più “soft”, sfruttando il lavoro lasciato in eredità da Italiano per poi, gradualmente, imporre la nuova filosofia. Quel che è stato è stato però, e tutto sommato la brutta partenza non ha fatto danni particolari. Basta guardare la classifica: con 10 punti i viola sono assolutamente in linea con quasi tutte le sue concorrenti e, nonostante tutte le difficoltà, in Conference hanno fatto quello che dovevano: passato il playoff, e vinto la prima gara del maxi girone.
Ruotare e cambiare
—A proposito. Proprio il riferimento a quanto successo in Europa ci serve da spunto per parlare di quella crescita alla quale è chiamato Palladino perché se l'obiettivo è far meglio delle passate stagioni non si può che passare da una gestione perfetta della rosa. Anche in questo caso, il mister è parso non guardare alle lezioni del passato. Ha cambiato praticamente tutta la formazione e quando si cambiano 9 o addirittura 10 undicesimi tra una partita e l'altra, ormai si sa, il risultato è (quasi) sempre disastroso. Certo, ciò non significa togliere responsabilità ai giocatori. Anzi. Gente come Sottil, Beltran, Ikonè e Kayode, tanto per citarne alcuni, deve dare molto ma molto di più. La domanda è: è una pretesa legittima? Oppure, visto che gli indizi iniziano ad essere parecchi, salvo rare eccezioni è quello il livello che sanno e possono garantire? Il solo fatto che sorga un dubbio del genere comunque, basta e avanza per capire come mai restano delle perplessità sul fatto che a lungo termine la Fiorentina possa pensare di andare oltre quanto fatto negli ultimi tre anni.
In campionato, sicuramente, e pure nelle coppe. Si vedrà. Intanto però, e questo fa sicuramente ben sperare, Palladino ha dimostrato di saper tornare indietro rispetto alle proprie convinzioni e, come per magia, la squadra è parsa ritrovare spirito e voglia di lottare insieme. Tocca al tecnico adesso portar tutti con sé, evitando di lasciare qualcuno per strada. Vale per ogni singolo giocatore ma, in particolare, per personaggi come Biraghi e Quarta. Leader tecnici ed emotivi di questo gruppo che, almeno per il momento, son stati messi fuori. Una scelta coraggiosa, e per quanto visto sul campo sicuramente giusta, ma che dovrà essere accompagnata da chiarezza e rotazioni sagge. A Monza, questi problemi non c'erano. A Firenze, e alla Fiorentina si. A Palladino il compito di capirlo (e per certe cose ha già fatto vedere di essersene accorto) e alla società, aspetto fondamentale, quello di supportarlo con più forza possibile. La prima “burrasca”, da questo punto di vista, è stata superata. Adesso però, vietato fermarsi.
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