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Astori: “Puntiamo all’Europa, quale dipenderà da noi. Meglio Sousa di Garcia”

Il difensore viola si racconta al GS: "Gruppo unito. Bernardeschi sorprendente, Ilicic immarcabile. E Kalinic è fortissmo"

Pier F. Montalbano

Sul Guerin Sportivo di novembre in edicola da ieri troviamo una lunga intervista a Davide Astori, a firma del direttore Matteo Marani. Ecco alcuni passaggi del difensore viola in cui si parla di Fiorentina.

Prendiamola larga. Perché Firenze?

“Perché è una città in cui si vive benissimo. Nono solo per la sua bellezza. A proposito, ho già prenotato la visita guidata agli Uffizi e al corridoio Vasariano. Dicevo: non solo per la bellezza, ma anche per la dimensione umana”.

Meglio Garcia o Paulo Sousa?

“Mi trovo meglio con l’allenatore di oggi. Decisamente. Garcia ha portato tantissima mentalità straniera nella Roma, Sousa è cresciuto come calciatore in Italia e ha una visione più nostrana. Lui è stato in una Juventus grande, grandissima. E lì, immagino, ha compreso l’importanza del gruppo”.

In campo vedeva le giocate mezz’ora prima.

“E come allenatore vede le partite giorni prima. Ti spiega cosa accadrà e puntualmente si verifica. Anche le due sconfitte con Napoli e Roma hanno dimostrato che siamo una squadra vera. Anche dopo avere perso, il pubblico ci ha applaudito. […] Molti fiorentini preferiscono una sconfitta dopo una gara ricca di spettacolo a una vittoria rubacchiata, striminzita”.

È stato l’obiettivo dei Della Valle: riportare la gente al Franchi con un calcio spettacolare.

“C’è la loro personalità nella Fiorentina. La avverti subito. Parliamo di un’azienda grandissima, di imprenditori italiani famosi nel mondo. I principi del loro mondo industriale li hanno trasferiti nel pallone in tutto e per tutto”.

Qual è l’obiettivo della stagione?

“È una squadra costruita non per vincere il campionato, ma per una traguardo medio-alto. Diciamo per l’Europa: quale delle due, dipenderà da noi”.

I comportamenti : Paulo Sousa li vuole.

“Li pretende, ma questo è un gruppo davvero unito. Il nostro primo incontro è stato illuminante: mi ha chiesto poche cose, ma mi ha subito spiegato come voleva che giocassimo. I movimenti giusti”.

È arrivato in una società strutturata, guidata bene da Cognigni, Rogg e Pradè.

“Vero: qui ognuno svolge al meglio il suo ruolo. Competenza e nessuna sovrapposizione. Immagino che per una allenatore sia indispensabile. Sousa è un personaggio tosto, carismatico, ha vinto e sa come si fa a vincere”.

Ti vorrei chiedere di alcuni compagni, se posso. Partirei con in sopraffino Borja Valero.

“Già detto tutto con questa definizione. Lo ricordo da avversario: durissimo. Perché Borja fa gli stessi colpi e gioca nella stessa maniera in qualunque zona del campo. In genere un calciatore ti fa male colpendo in alcuni punti, lui da tutti”.

Bernardeschi.

“Lo avevo visto a Crotone, dove giocava da esterno alto. Sousa è riuscito a cambiargli ruolo mantenendone intatte le migliori caratteristiche. È il calciatore più duttile di questa Fiorentina e la più grande sorpresa della stagione”.

Ilicic.

“Imprevedibile, immarcabile, capace di cambiare la partita con una giocata. E quando meno te l’aspetti. Rispetto agli anni scorsi ha messo insieme anche la continuità che forse gli mancava”.

Kalinic.

“Facile rispondere: è fortissimo. Un attaccante moderno, forte fisicamente, capace di difendere palla in mezzo agli avversari, di dialogare con la squadra e di segnare. È arrivato a Firenze nel momento massimo della sua carriera”.

Non dimentichiamo Giuseppe Rossi.

“Al 70% è un giocatore forte, non serve spiegare cosa sarà una volta tornato al 100%. Giuseppe al top è il migliore giocatore italiano senza discussioni”.

Arretriamo un po’: Vecino e Badelj.

“Con Vecino avevo giocato a Cagliari. A Empoli – con un grande allenatore come Sarri – è maturato tantissimo lo scorso anno. Solidità e qualità altissima: binomio perfetto. Badelj, lo ammetto, è la scoperta più grande. Oggi abbina tantissima quantità e tantissima qualità”.

Chiudiamo con voi, con la difesa. Gonzalo Rodriguez è il leader di reparto?

“E’ quello che più ama guidare la retroguardia. Io e lui abbiamo doti di costruzione, mentre Tomovic e Roncaglia sono più marcatori. La tenuta della difesa è uno dei segreti che ha permesso alla squadra di creare molto davanti: l’equilibrio tra reparti ci ha portati a giocare sempre dieci metri più alti”.

Dicevi prima che Firenze ti piace.

“E’ il mio punto d’arrivo, anche se posso crescere ulteriormente. Negli ultimi due anni sono maturato molto. Tra poco diventerò anche papà di una bimba, che nascerà a Firenze. Avere lasciato Cagliari dopo sei anni è stato un salto complicato, no di quelli che giocoforza ti portano ad evolvere”.

Roma e Napoli sembrano proprio le squadre più forti di questo campionato. Dopo averle affrontate entrambe, Paulo Sousa ha votato per il Napoli. Tu?

“Propendo per la Roma: ha la rosa migliore di tutte. Le manca ancora un pizzico di continuità di rendimento. Ha tamponato perfettamente nei punti in cui serviva farlo. Il Napoli è solido e molto, molto organizzato”.