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Quei gesti di Kean e Gudmundsson e la precisazione di Vanoli in conferenza

Quei gesti di Kean e Gudmundsson e la precisazione di Vanoli in conferenza - immagine 1
Adesso la speranza è che questi gesti si trasformino in fatti. Perché questa Fiorentina ha bisogno di una svolta definitiva e il tempo sta passando
Giovanni Zecchi
Giovanni Zecchi Redattore 

"Ancora! Ancora!" urla Moise Keanguardando negli occhi tutti i suoi compagni. L'attaccante ha appena segnato un gol. Nessuna esultanza delle sue: solo testa bassa, qualche abbraccio e poi via, di corsa a riprendersi il suo posto in mezzo al campo, incitando la squadra. Questo sembra essere il nuovo Kean (anche se è presto per dirlo) visto ieri sera nella sfida contro la Dinamo Kiev. Un gesto che non è passato inosservato e che potrebbe rappresentare l'inizio di una nuova stagione in casa Fiorentina.

Paolo Vanoli lo ripete da quando ha messo piede al Viola Park: adesso conta il noi, non l’io. Strano che i giocatori viola l’abbiano capito soltanto ora, ma come si dice: “Meglio tardi che mai”. Moise Kean si è caricato la Fiorentina sulle spalle e l’ha trascinata verso tre punti importantissimi per la classifica, ma soprattutto per il morale. E non è stato l’unico.

Un altro gesto significativo è stata l’esultanza di Albert Gudmundsson sul gol del 2-1. Il numero 10 viola ha chiamato a sé tutta la squadra, che si è raccolta in un abbraccio collettivo. Nessuno escluso: chi era in campo e chi era in panchina, tutti intorno all’islandese. Un’immagine perfetta del “noi” che deve rappresentare la Fiorentina targata Paolo Vanoli.

La gara con il Sassuolo aveva lasciato strascichi pesanti e lo stesso allenatore viola ha subito cercato di porre rimedio con confronti quotidiani al Viola Park. L’obiettivo? Ricompattare uno spogliatoio che sembrava tutt’altro che unito. Non a caso, Vanoli ha voluto sottolineare un passaggio nella conferenza stampa post Fiorentina–Dinamo Kiev: “C’è chi mi ha criticato perché non faccio lo psicologo”. Era stato lui stesso, dopo Sassuolo, a spiegare che il suo compito è allenare, non fare lo psicologo dei giocatori. Ma non intendeva certo dire di non voler parlare con il gruppo. Perché chi conosce Vanoli lo sa: prima della tattica viene il dialogo. Il confronto. E in questi mesi questo aspetto non è mai mancato.

Adesso la speranza è che questi gesti si trasformino in fatti. Perché questa Fiorentina ha bisogno di una svolta definitiva e il tempo sta passando.