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Mandragora-Fiorentina, è davvero l’ora di separarsi? Pioli, mercato e contratto

Matteo Torniai Redattore 

Eppure, Mandragora, arriva da quella che è stata, numeri alla mano, la sua miglior stagione da professionista: 9 gol e 6 assist in 43 presenze.

Un totale di 3.064 minuti complessivi. Tradotto: ha contribuito direttamente a una rete (gol o assist) ogni 204 minuti, cioè circa ogni (poco più di) due partite. Un impatto notevole, specialmente per un centrocampista che, in stagione, non è sempre stato protagonista.

Precisamente un anno fa, vi sareste mai detti che Mandragora sarebbe stato l’unico vero centrocampista d’inserimento dell'annata della Fiorentina? In pochi ci avrebbero creduto, eppure la metamorfosi di Rolando gli ha permesso di diventare box-tobox completo. Si è preso la scena, come ribadito, soprattutto nel girone di ritorno, diventando l’elemento cardine del gioco offensivo viola. Tutto sembrava passare dai dai suoi piedi: dai suoi lanci, dai suoi inserimenti, anche quando Kean è stato assente.

L’emblema? La trasferta contro il Venezia, disastrosa per la squadra ma salvata dall’unico lampo, proprio del numero 8 nel finale. Senza la giocata di Madragora difficile anche solo pensare che la Fiorentina sarebbe mai andata a segno in quei 90 minuti. Altro? La punizione perfetta per la virata volante di Kean contro il Genoa; la rovesciata contro l'Empoli; ma anche il gol sfiorato al B.Villamarin: l'esempio perfetto della nuova versione di Mandragora. Gioco viola poco fluido; palla scaricata sulla sinistra a Gosens; cross perfetto in area. A colpire chi c'è? Non Beltran (titolare quel giorno), né tantomeno Gudmundsson, ma proprio Mandragora che spizza e sfiora il pareggio viola dopo il vantaggio iniziale di Ezzalzouli. Quel tipo di inserimento "ad occhi chiusi" è sintomo di chi l'area sa come e quando occuparla; è sintomo di chi un vero centrocampista lo è diventato davvero.