Gli ultimi due bomber viola più prolifici

Vlahovic-Kean: gli “ultimi” bomber viola. Il “Guerriero” cerca più cinismo

Niccolò Ghinassi
Niccolò Ghinassi Redattore 

Prendendo come riferimento, come detto, la miglior stagione (o metà stagione) di Vlahovic a Firenze, approfondiamo i numeri del serbo nel 2021-2022. Innanzitutto, c’è da dire che Vlahovic partì subito a razzo con il nuovo tecnico Vincenzo Italiano: pronti, via, e subito doppietta in Coppa Italia contro il Cosenza. Da lì, l’attuale tecnico del Bologna gli concesse piena fiducia, e dopo il k.o. (con tanto di marcature in bianco per il serbo) contro la Roma (3-1), il feeling col gol non tardò ad arrivare: una rete contro il Torino, e due contro l’Atalanta in esterna, anche se la vera serie prolifica fu concatenata tra fine ottobre (dal 31 ottobre per la precisione, giorno della tripletta contro lo Spezia) a fine dicembre. 11 reti in questo lasso di tempo per il classe 2000, tra cui il 4-3 interno contro il Milan che decretò la prima sconfitta in campionato per i rossoneri. L’ultima rete di Vlahovic con la Fiorentina, invece, fu quella del 17 gennaio 2022, un gol nel 6-0 contro il Genoa (in quell’occasione sbagliò anche un rigore) che consentì al serbo di chiudere l’esperienza in quella stagione in maglia viola con 20 gol in 24 presenze tra Serie A e Coppa Italia. Numeri da capogiro, che permisero alla Fiorentina di racimolare punti importanti per la corsa al ritorno in Europa dopo 5 anni, la quale si concretizzò in seguito a fine stagione con l’approdo in Conference League.

L’effetto Italiano ed il modulo prediletto

Ma come fece Vlahovic a segnare così tanto in quella stagione? I motivi possono essere molteplici. L’arrivo di Italiano portò linfa nuova, con l’ambizione dell’allora neo-tecnico gigliato che dette quella carica che serviva all’ambiente dopo anni di scoramento sportivo. Inoltre, il modulo offensivo impiegato, un 4-3-3 che in seguito Italiano portò fino all’esasperazione, in quel momento pagò i suoi dividendi, con gli esterni a supporto del serbo, spesso Nico Gonzalez e Callejon o Sottil e Saponara, che attivarono, coadiuvati da un centrocampo dove i lanci di Torreira e la sostanza di Bonaventura la facevano da padrona, le caratteristiche principali dell’ex Partizan: fisicità ed un attacco della profondità che lo resero una spina nel fianco per le difese avversarie.

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