Pioli viene annunciato da un Milan in crisi totale dopo il flop del progetto Giampaolo nell'ottobre del 2019, pochi mesi dopo le dimissioni dalla Fiorentina. I rossoneri avevano provato con Spalletti senza fortuna e nel frattempo mandavano avanti la trattativa con Ralf Rangnick, al quale si voleva affidare un ruolo di demiurgo dopo i successi con il Lipsia. La formazione del 2-2 col Lecce, esordio del nuovo corso a San Siro, fu questa:
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Pioli e il Milan: dal 5-0 di Bergamo al titolo, com’è arrivato al top e com’è finita
MILAN (4-3-3) - G. Donnarumma, Conti, Musacchio, Romagnoli, Theo Hernandez, Kessié (80' Rebic), Biglia, Paquetà (67' Krunic), Suso, Leao (67' Piatek), Calhanoglu.
C'è ancora un bel po' di lavoro da fare. Le prime mosse di Pioli? Via il 4-3-1-2, dogma di Giampaolo che soffocava Piatek e snaturava Suso e Calhanoglu, squadra disposta prima con un 4-3-3 atipico e poi, qualche tempo dopo, con un equilibrato 4-2-3-1 che poi sarebbe diventato il marchio di fabbrica del Milan pioliano, un'identità netta. E dire che a un certo punto si arriva pure a pensare al disastro, dato che a dicembre arriva il famoso 5-0 subìto a Bergamo dall'Atalanta, ma è qui che l'allenatore ha l'intuizione giusta: al gruppo servono leader, in campo ma soprattutto fuori. Nel gennaio del 2020 arrivano Ibrahimovic e Kjaer, tra febbraio e marzo la pandemia. Il rendimento del Milan dopo il lockdown subisce un'impennata, Calhanoglu comincia a dominare il centrocampo lasciando la fascia, Rebic (pensate un po') e Ibrahimovic sono due furie, mentre Kjaer sistema la difesa e comincia a splendere la stella di Leao. Ne fanno le spese Suso e Piatek che pochi mesi prima erano i cardini con Gattuso e Giampaolo. La squadra conclude sesta, è di nuovo in Europa, è con Pioli, e allora l'idea Rangnick viene accantonata.
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