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Pioli e il Milan: dal 5-0 di Bergamo al titolo, com’è arrivato al top e com’è finita

Federico Targetti
Federico Targetti Caporedattore 

Pioli viene annunciato da un Milan in crisi totale dopo il flop del progetto Giampaolo nell'ottobre del 2019, pochi mesi dopo le dimissioni dalla Fiorentina. I rossoneri avevano provato con Spalletti senza fortuna e nel frattempo mandavano avanti la trattativa con Ralf Rangnick, al quale si voleva affidare un ruolo di demiurgo dopo i successi con il Lipsia. La formazione del 2-2 col Lecce, esordio del nuovo corso a San Siro, fu questa:

MILAN (4-3-3) - G. Donnarumma, Conti, Musacchio, Romagnoli, Theo Hernandez, Kessié (80' Rebic), Biglia, Paquetà (67' Krunic), Suso, Leao (67' Piatek), Calhanoglu.

C'è ancora un bel po' di lavoro da fare. Le prime mosse di Pioli? Via il 4-3-1-2, dogma di Giampaolo che soffocava Piatek e snaturava Suso e Calhanoglu, squadra disposta prima con un 4-3-3 atipico e poi, qualche tempo dopo, con un equilibrato 4-2-3-1 che poi sarebbe diventato il marchio di fabbrica del Milan pioliano, un'identità netta. E dire che a un certo punto si arriva pure a pensare al disastro, dato che a dicembre arriva il famoso 5-0 subìto a Bergamo dall'Atalanta, ma è qui che l'allenatore ha l'intuizione giusta: al gruppo servono leader, in campo ma soprattutto fuori. Nel gennaio del 2020 arrivano Ibrahimovic e Kjaer, tra febbraio e marzo la pandemia. Il rendimento del Milan dopo il lockdown subisce un'impennata, Calhanoglu comincia a dominare il centrocampo lasciando la fascia, Rebic (pensate un po') e Ibrahimovic sono due furie, mentre Kjaer sistema la difesa e comincia a splendere la stella di Leao. Ne fanno le spese Suso e Piatek che pochi mesi prima erano i cardini con Gattuso e Giampaolo. La squadra conclude sesta, è di nuovo in Europa, è con Pioli, e allora l'idea Rangnick viene accantonata.