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“Perché come lui vengo dal niente”. La notte di Valjean che Vanoli chiede a Ranieri

Matteo Torniai Redattore 

Oggi però quella identità sembra offuscata.

Le evidenze parlano: tanti minuti, tante presenze, ma poca lucidità; secondo per cartellini gialli in Serie A (4); numeri bassi in recuperi (22esimo tra i difensori del campionato), tackle (18esimo), precisione di passaggi (31esimo); errori grossolani, come il rigore ingenuo di Genova; una percezione pubblica che si è incrinata.

E qui entra in scena Vanoli. Le sue parole non suonano come un rimprovero dall’alto, ma come un richiamo da parte di uno che sa esattamente cosa significhi crescere nel calcio senza essere il numero 10. Vanoli non chiede a Ranieri di essere diverso. Gli chiede di tornare sé stesso.

Perché un giocatore come Ranieri, come era Vanoli, non può prescindere dalle sue qualità caratteriali. Non può essere un difensore “normale”. Non può permettersi giornate a basso regime. Non può giocare senza quella ferocia controllata che lo ha portato dove è oggi.

Vanoli lo ha capito perché quella stessa ferocia è ciò che ha fatto di lui un calciatore di alto livello. In conferenza stampa ha citato anche l'esempio di Gattuso per il Milan da giocatore. Tutto il Milan riconosceva nel CT di oggi della Nazionale, quelle caratteristiche di ferocia, grinta e concentrazione che mai potevano mancare in una sua prestazione.