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“Perché come lui vengo dal niente”. La notte di Valjean che Vanoli chiede a Ranieri

Matteo Torniai Redattore 

La storia di Luca Ranieri, pur se diversa nei contesti, scorre su binari sorprendentemente simili.

Non era la stella delle giovanili viola. Non era il talentino che tutti indicavano come futuro leader della Fiorentina. Era il ragazzo che serviva, quello funzionale, quello determinato, quello che in una squadra torna sempre comodo avere. Mai appariscente, sempre affidabile, sempre pronto alla fatica.

Per arrivare a essere capitano della Fiorentina nel 2025, Ranieri ha dovuto: passare dal settore dilettantistico del Canaletto Sepor; presentasi a provini su provini; crescere nell’ombra dei più celebrati Zaniolo (a Firenze) e Maggiore (nel Canaletto); fare la gavetta vera (Foggia, Ascoli, SPAL, Salernitana); essere scartato più volte perché ritenuto “troppo acerbo”, “troppo grezzo” e “non pronto”.

E invece, proprio lì è maturato. Proprio lì sono nate quelle doti - grinta, sacrificio, concentrazione, spirito battagliero - che gli hanno permesso di diventare non solo difensore affidabile, ma punto di riferimento dello spogliatoio, fino a ereditare la fascia dopo l’addio di Biraghi. 

Ranieri è quello di Genk, che con caparbietà segna la sua prima doppietta interazionale; Ranieri è quello di Fiorentina-Torino (1-0) del 29 dicembre 2023 che segna di testa a poco dalla fine e corre ad esultare sotto la Fiesole; Ranieri è quello della doppia sfida contro il Real Betis: spavaldo all'andata e battagliero (nonostante il risultato) al ritorno.