Con un contratto lungo (2029) e una reputazione già costruita, Martinelli non rischia di perdersi: rischia di non cominciare mai veramente.
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Martinelli e la tentazione di Ulisse: lasciare Itaca per diventare grande
Ecco perché gennaio può rappresentare la svolta. Un prestito non è un passo indietro, ma un trampolino. Una normalità nel calcio moderno. Serve a togliersi l’etichetta del “talento promettente” e indossare quella del portiere vero, giudicato per ciò che fa in campo, non per ciò che potrebbe fare.
Il primo a crederci, in realtà, è sempre stato chi lo ha allenato.Daniele Galloppa, che lo ha avuto in Primavera e lo ha lanciato in Conference contro il Mainz:
“A Martinelli era giusto dare una chance. È da un po’ che gli era stato detto ed è giusto che si giochi questa partita.”
È quella parola, giocarsi, che racconta tutto. Il tempo dell’attesa è finito, o almeno è sempre più in procinto di esserlo.
Il futuro di Martinelli dipende da una scelta solo in apparenza semplice: restare o partire. Rimanere a Firenze significa continuare a (forse) ad imparare. Partire significa crescere, sbagliare, reagire, maturare. Diventare ciò che tutti dicono che possa diventare.
E per un portiere che il mondo ha già riconosciuto come un potenziale top europeo, gennaio non è solo una finestra di mercato.È una porta da aprire prima che si chiuda da sola.
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