Ricordiamolo: l’andata a San Siro finì 1-0 in una gara votata alla tensione e agli episodi - con il romeno Kovacs protagonista in negativo e l’espulsione di Anguissa che rimescolò un finale già caldo. Ma dietro il risultato c’era un piano chiaro. Il Milan si era imposto sul piano dell’equilibrio difensivo e della transizione: Bennacer (spesso impiegato a pressare Lobotka) schermava il regista avversario, Kjær e Tomori garantivano fisicità e lettura sui duelli centrali, Calabria e Theo limitavano le fonti di pericolo esterne, mentre Leão e Brahim Díaz davano la svolta con giocate che spezzavano l’ossatura partenopea. La grande giocata di Diaz - la veronica che aprì il contropiede su cui poi Bennacer lasciò il sinistro vincente - e la reattività di Maignan su Di Lorenzo sono i fotogrammi che raccontano meglio quella serata: difesa solida, pressing mirato sul regista, ripartenze fulminee.
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Kean come Leao, Gud come Diaz: come Pioli può replicare il 3142 che stese il Napoli
Al Maradona il copione non mutò di molto: il Napoli provò a spingere, ci furono rigori (due, sbagliati uno per parte) e la partita si fece viva, ma il Milan gestì con attenzione e trovò ancora una volta il modo di colpire prima di stringersi dietro. In sostanza, Pioli mise in campo una strategia di pazienza e opportunismo: lasciare al Napoli l’iniziativa, non farsi schiacciare nella propria area e trasformare ogni palla recuperata in una corsa in campo aperto. Il 3-1-4-2 (Calabria, Kjær, Tomori; Bennacer; B.Diaz, Krunic, Tonali, Theo; Giroud, Leão) mostrato in fase di impostazione - una disposizione che in pratica dilatava la squadra per favorire gli strappi degli esterni e garantire densità centrale - fu la chiave per liberare Leão e Diaz e rendere letali le transizioni.
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