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Il Betis, ultima opera dell’Ingegner Pellegrini: Isco, Antony e il “nuovo” Joaquin

Niccolò Meoni
Niccolò Meoni Redattore 

Innanzitutto partiamo con le basi, perché "Betis"? Betis è il nome latino del fiume che attraversa la splendida Siviglia, ovvero il Guadalquivir. Nella loro storia i biancoverdi hanno conquistato un titolo di Spagna e per 3 volte la Copa Del Rey. La grande rivalità ovviamente è quella cittadina con il Siviglia, il "Gran Derbi", forse la stracittadina più sentita di Spagna. La città si ferma letteralmente per una settimana, anche se dal 2000 in poi i successi continentali dei rivali, soprattutto con Unai Emery in panchina, hanno un po' oscurato il Betis oltre i confini iberici. D'altronde, prima dell'arrivo di Manuel Pellegrini, la squadra aveva faticato ad imporsi e rimanere costantemente tra le prime 7. Non a caso, dagli anni 80 in poi, non sono state poche le annate disputate in Segunda (la serie b) dal Betis.

Il club balzò agli onori della cronaca quando nel 1998 completò un clamoroso affare sul mercato, acquistando il talentuoso Denilson dopo il Mondiale di Francia 98 per 21,5 milioni di dollari, all'epoca l'acquisto più caro della storia del calcio. Andò male, ed il giocatore non si espresse mai al massimo delle sue potenzialità. L'unico acuto del Betis in quegli anni risale al 2005, quando gli andalusi vinsero la seconda Copa Del Rey. Le partite interne vengono giocate al Benito Villamarin, stadio inaugurato nel 1929, ma ristrutturato per i Mondiali del 1982 e nel 2000. La capienza è di 60mila posti, ed è intitolato al presidente della squadra negli anni '50 e '60. Il popolo betico è uno dei più appassionati della Spagna, e la Fiorentina dovrà lottare in un vero e proprio inferno verde.