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Kean a 360°: “Il convitto mi ha tolto dalla m***a. Sono uomo da quando ero 13enne”

Kean
Il ragazzo parla di tanti temi legati alla sua vita calcistica e non solo
Redazione VN

Nella sua lunga intervista concessa a GQ Italia (qui le parti sulla Fiorentina), Moise Kean ha parlato anche di altri temi che esulano dai colori viola:

"Per giocare a calcio, quando avevo solamente 13 anni, ho lasciato tutto: mia madre, la mia famiglia, i miei amici, la strada. È stato brutto. Ed è stato anche, tra virgolette, un rischio: una volta che avevo scelto di andare via, dovevo per forza tornare indietro con qualcosa tra le mani.  La Premier? Nell’annata in Inghilterra sono cresciuto tantissimo, poi non sempre il rendimento in campo può andare come uno si aspetta. Quando sono venuto via dall’Everton, però, ero diventato veramente uomo-uomo. Anche se in realtà penso di essere uomo-uomo fin da quando ho 13 anni, cioè fin da quando sono uscito di casa per cercare di diventare un calciatore. Trasferirmi in convitto per giocare a calcio seriamente mi ha salvato della merda, cioè ha fatto in modo che non prendessi brutte strade. Da piccolo io stavo per la maggior parte del tempo in strada: una cosa che ti forma, che ti insegna tanto. E poi la nostra situazione familiare non era affatto facile, così ho capito subito che dovevo crescere il prima possibile, il più in fretta possibile."

Diventare un campione

"Secondo me per essere un campione è necessario avere una certa consistenza. Nel senso: si può e ci si deve divertire giocando, di questo ne sono fermamente convinto, ma poi bisogna anche prendere sul serio il calcio. Col tempo, anche frequentando fuoriclasse come Neymar e Mbappé quando sono stato a Parigi, ho capito esattamente questo: se vuoi importi come giocatore, devi dare sempre qualcosa in più. I Buu razzisti a Cagliari? È stato brutto, ci sono rimasto male. Molto, molto, molto male. Perché avevo solamente 19 anni, ma soprattutto perché non mi aspettavo che in un campo da calcio potessero succedere cose di questo tipo. Sì, la situazione sta un po’ migliorando. Piano piano, magari, ma sta migliorando. La sensazione è che in Italia siamo un po’ indietro su questo genere di cose, e in parte può essere vero. Ma la realtà è che non ci sono delle differenze così grandi con gli altri Paesi, nel senso che il razzismo non esiste soltanto qui da noi. Anzi, quando mi dicono “Eh, l’Italia è un Paese razzista”, io mi incazzo parecchio."

L'azzurro

"Io ho avuto e ho un rapporto molto intenso con la Nazionale italiana. Per me scendere in campo con la maglia azzurra è una cosa unica, un sogno che avevo da piccolo e che si realizza ogni volta. Stiamo per iniziare la stagione che porta alla Coppa del Mondo, e nella mia testa ci sono sempre le immagini e le emozioni che ho vissuto nel 2006: avevo sei anni, mi ritrovavo nella piazzetta del mio quartiere insieme a tutti gli amici, avevo il ghiacciolo in bocca e guardavo le partite dei Mondiali. Ero lì, speravo che l’Italia vincesse e adesso ci sono io a giocare con la Nazionale. Ecco, questa è una sensazione indescrivibile."

La persona Kean

"Mi sento raro. Sia come attaccante che come persona. Sono tornato a casa dopo le mie esperienze all’estero, in Inghilterra e in Francia, e devo dire che ho avvertito un netto miglioramento. La Serie A si sta aprendo a livello tattico ma soprattutto a livello mentale: il campionato è diventato molto più competitivo, ci sono moltissimi giovani che hanno tanta voglia di far bene. È bello giocare in un contesto del genere, è bello intercettare e vivere una crescita di questo tipo. La musica è l’arte attraverso cui esprimo la mia gioventù, è il mio sfogo. Con i pezzi che scrivo voglio lanciare un messaggio, anche perché credo che una carriera calcistica alla fine non ti impedisce di fare quello per cui ti senti davvero portato: se sei veramente libero e vuoi fare musica, puoi farlo anche se sei un giocatore professionista. Personalmente parto dall’idea che vestirsi sia un modo di esprimersi. Attraverso un certo outfit tu puoi tirare fuori quello che ti senti, quello che hai dentro in un determinato momento della tua giornata o della tua vita, è una cosa che riguarda solo te stesso e nessun altro. Se un giorno ti svegli in un certo modo e hai voglia di metterti addosso delle cose in particolare, non devi sentirti condizionato dai giudizi altrui: devi farlo e basta. A me la moda piace tantissimo «come mondo e anche come argomento di discussione. Quando devo spiegare il mio modo di vestire ad altre persone, dico sempre una cosa un po’ particolare: è come se sentissi di aver già vissuto, di aver attraversato un’altra epoca, di essere rimasto agli anni Duemila, almeno mentalmente. È quello il periodo da cui traggo maggiore ispirazione quando si tratta di stile. Direi che le parole giuste per descrivere il mio stile sono super vintage, ma anche comfortable. È così che mi piace vestire, ed è così che sento di essere."