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CorSport: “Dai dribbling alla posizione. Le cose che non tornano su Gudmundsson”
La maglia numero 10 della Fiorentina evoca una tradizione prestigiosa, da Montuori ad Antognoni fino a Rui Costa e Baggio. A questa eredità si è aggiunto Albert Gudmundsson, arrivato la scorsa estate dal Genoa tra grandi aspettative. Il suo primo anno in viola, però, è stato condizionato da infortuni e vicende extracampo, chiuso con 8 gol e 2 assist ma senza lo stesso impatto mostrato in rossoblù. L’avvio di questa stagione, iniziato con un gol in Conference contro il Polissya, sembrava promettente, ma nelle gare successive il rendimento è tornato discontinuo.
Dal punto di vista tattico, Pioli gli ha concesso libertà di movimento, schierandolo come seconda punta,trequartista o esterno, ma senza una collocazione definitiva. Spesso arretra troppo per prendere palla, finendo per togliersi dalla zona in cui potrebbe essere più decisivo. Anche quando è stato provato vicino a Kean, Dzeko o Piccoli, non è riuscito a trovare continuità: solo sprazzi, come un assist potenziale a Torino, ma poi lunghi momenti di anonimato.
Il vero nodo è la perdita di incisività nel dribbling, la sua arma più riconoscibile ai tempi del Genoa. I numeri parlano chiaro: in rossoblù tentava un dribbling ogni mezz’ora circa, a Firenze uno ogni 44 minuti, con un calo anche nel successo delle giocate. Per ritagliarsi un ruolo da protagonista nei viola e onorare la maglia numero 10, Gudmundsson deve tornare a osare, puntare l’uomo e creare superiorità. Solo così potrà diventare quel giocatore capace di fare la differenza e aggiungersi davvero alla galleria dei grandi fantasisti viola. Lo scrive il Corriere dello Sport.
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