Il ragionamento fila e il gruppo sicuramente beneficia di questa considerazione per chi si comporta bene in campo. Però ci permettiamo di avanzare un'osservazione, con la solita umiltà di chi, senza qualifiche tecniche, si rivolge idealmente ad un allenatore di Serie A. Chi è rimasto a sedere - Fagioli, Folorunsho, Zaniolo in particolare - non ha demeritato rispetto agli altri giovedì, semplicemente perché non era possibile giocare per via del regolamento. Le scelte di Fiorentina-Inter sono state obbligate, non dettate da questioni tecniche. Per questo la meritocrazia, corretta in generale, in questo caso, specie affrontando lo stesso avversario a distanza di poco tempo, poteva tranquillamente andare a farsi benedire.
Era impossibile che l'Inter scivolasse sulla stessa identica buccia di banana a nemmeno una settimana di distanza dal tonfo più fragoroso degli ultimi anni: allora perché non provare fin da subito ad aggiungere qualcosa? Anche avessimo torto, il che è probabile: una volta chiuso sull'1-1 il primo tempo - in cui la Fiorentina è stata semplicemente presa a pallonate, con un gol viziato da pallone uscito sul calcio d'angolo, due pali e svariate occasioni a fronte di un tiro in porta di Richardson e l'episodio del rigore di Mandragora) - serviva cambiare subito. Dal 62' in poi, i viola hanno preso campo grazie alle sostituzioni: Fagioli ha messo subito Kean in condizione di essere pericoloso. Folorunsho per Parisi ha cambiato volto alla fascia sinistra e Zaniolo anche solo con la sua presenza ha dato un volto offensivo alla squadra (da rivedere poi nei meccanismi con Dodò).
La meritocrazia è una gran cosa, ma come tante altre grandi cose non deve, almeno non dovrebbe secondo noi, diventare un dogma. Palladino dice di non essere talebano e ha ragione, non lo è: non lo diventi su questo particolare aspetto.
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