VIOLA NEWS esclusive le nostre esclusive Speciale VN – Le origini di Viti, ragazzo diverso: un no da piccolo per un sì da grande

esclusive

Speciale VN – Le origini di Viti, ragazzo diverso: un no da piccolo per un sì da grande

Niccolò Meoni
Niccolò Meoni Redattore 

Di Mattia Viti, Roberto Landi è stato uno dei primi scopritori. Direttore sportivo del settore giovanile dell’Audace Legnaia tra il 2007 e il 2011, ha contribuito in prima persona a costruire il percorso iniziale del difensore toscano oggi in Serie A. Violanews lo ha raggiunto per farci raccontare l’origine di tutto.

Roberto, come nacque il progetto a Legnaia che coinvolse Mattia Viti?

«Dopo la scomparsa dell’ex presidente Bacci, fu Mauro Zingoni, il nuovo presidente, a dirmi: “Voglio rivedere i ragazzi correre su questo campo”. Allora il terreno non era sintetico come oggi, era ancora il vecchio “sabbione”. Con lui decidemmo di ricostruire tutto da zero. Nel 2007 avevamo solo la Prima Squadra e gli Juniores: in un anno, siamo passati da 44 a 244 iscritti. Una rinascita totale

E tra quei ragazzi c’era anche Mattia Viti (arrivato nel 2008). Come arrivò da voi?

«Venne insieme a un gruppetto di ragazzi di Ponte a Greve. Lo coinvolgemmo grazie al nostro progetto, parlando direttamente con le famiglie. Era solo un bambino, ma aveva già qualcosa di diverso. Carisma, serietà, voglia. In campo dava sempre l’anima per i compagni. Aveva 8 anni, ma la testa di un professionista.»

Poi l’incontro con l’Empoli. Come andò?

«Avevamo da poco (2010) stretto un’affiliazione con l’Empoli. Un uomo dello scouting ci chiese di vedere i nostri ragazzi in azione. Giocammo delle partitelle nel polverone del nostro campo. Alla fine ci chiamò in ufficio e ci disse: “Questo Viti lo vogliamo portare a Empoli. Vogliamo lavorarci tre anni per capire se può farcela”. Quei tre anni sono diventati tredici. Hanno capito subito che aveva qualcosa in più.»

Quali erano le sue qualità tecniche da ragazzino?

«Giocava centrale anche nei campi più piccoli. Aveva una dote straordinaria nell’anticipo, una lettura del gioco già da adulto. Era serio, si allenava tantissimo. Si faceva portare al centro sportivo di Monteboro praticamente ogni giorno. Era tutto sacrificio. Aveva le stigmate del campione.»

Che tipo di famiglia e supporto ha alle spalle?

«È nato a Borgo San Lorenzo, ma abitava in via di Scandicci, a Firenze. Una famiglia umile, con tre fratelli. Uno di loro, Niccolò, è andato anche lui a Empoli. L’altro, Andrea, ha giocato con noi a Legnaia. Purtroppo, recentemente hanno perso la mamma. Ma sono una famiglia forte. Hanno sempre creduto in lui.»

Empoli, Nizza e poi ancora Italia. Come ha vissuto queste parentesi e cosa ha condizionato il suo rendimento?

«A Nizza ha sofferto. Era abituato a carichi di lavoro molto più intensi in Italia. Il padre mi disse chiaramente che lì gli allenamenti erano troppo blandi. Anche per questo ha faticato ad ambientarsi. Dopo è arrivato il passaggio al Sassuolo, ma pure lì ha avuto un inizio difficile. È arrivato già infortunato, giù di morale. Aveva il timore di non riuscire a tornare quello di prima. E invece… si è ripreso alla grande

Il Viti di oggi che giocatore è?

«Da Nazionale. Ha ritrovato continuità a Empoli e ha fatto una stagione da grande difensore. Per me è tra i migliori del campionato. In campionato, leggendo le statistiche è stato il secondo per palloni rubati e il sesto per intercettazioni: numeri da top di reparto. La Nazionale non sarebbe un premio: sarebbe semplicemente il giusto riconoscimento.»

In passato la Fiorentina l’ha seguito? Che legame ha con il club viola?

«Sì, quando lo prese l’Empoli anche la Fiorentina era su di lui. Ma la scelta ricadde su Empoli per via dell’affiliazione e per il progetto serio che fu presentato. Da piccolo era tifoso viola, è vero. Ma dopo tanti anni lì, il suo cuore non può che essere azzurro.»

Un’ultima battuta: cosa prova oggi, a distanza di anni, nel vederlo su certi palcoscenici?

«Solo orgoglio. I predestinati si vedono da subito. E lui lo era.»

Matteo Torniai