"È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva", diceva Robin Williams nel film L'attimo fuggente, facendo riflettere tutti gli spettatori. Proviamo ad applicare la visione della vita dell'attore di Chicago a Luka Jović, prossimo avversario della Fiorentina in Conference League con l'AEK Atene. Proviamoci e chiediamoci: il serbo ha davvero fatto così male nel suo primo e unico anno a Firenze?

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Ma Luka Jovic ha davvero fatto così male alla Fiorentina?
Tutti ricordano la formula con cui approdò alla Fiorentina dal Real Madrid. L'attaccante arrivò a costo zero, ricevendo anche una buonuscita di 5 milioni di euro dal club spagnolo. Il club viola era tenuto a pagare 2,5 milioni a stagione per i primi due anni, sapendo che il contratto si sarebbe rinnovato automaticamente per la terza e quarta stagione a 5 milioni netti, cioè il doppio. In questo modo la Fiorentina era spinta a valorizzarlo e a cederlo prima che l’ingaggio raddoppiasse. Inoltre il Real Madrid mantenne il 50% della futura rivendita. Uno scenario che non si concretizzò mai, visto il suo passaggio a parametro zero al Milan l'anno successivo.
Quella era la Fiorentina di Vincenzo Italiano, orfana di Dušan Vlahović e alla ricerca dell'attaccante perfetto. Sei mesi prima era arrivato un certo Arthur Cabral, sconosciuto ai più, con la speranza di raccogliere l’eredità lasciata dall’attuale attaccante della Juventus. I dubbi e lo scetticismo erano all’ordine del giorno, così Joe Barone e Daniele Pradè imbastirono questa trattativa con il noto procuratore Fali Ramadani.
Quella era la Fiorentina senza punta, colpita da una maledizione che solo Moise Kean, due anni dopo, avrebbe spezzato. Vincenzo Italiano chiedeva A, la società gli dava C. Nemmeno B. E la ricerca di un centravanti capace di fare la differenza sembrava arenarsi nel nulla, mercato dopo mercato. Ma chi lo conosce lo sa: l'attuale allenatore del Bologna non è abituato a lamentarsi o a battere i pugni sul tavolo. Anzi, conosce l'arte del lavoro. Così, rimboccandosi le maniche, provò a tirar fuori da Luka Jović quel talento espresso all’Eintracht Francoforte e disperso al Real Madrid.
La stagione si concluse con 13 gol tra campionato, Coppa Italia e Conference League. Pochi? Forse. Il suo compagno di reparto Arthur Cabral ne segnò 17. Un totale di 30 reti in due. E ricordiamolo: quella era la Fiorentina senza attaccanti. Quella che l’anno successivo avrebbe rifondato il reparto offensivo con Beltrán e Nzola. E che, numeri alla mano, andò molto peggio.
Il problema di Luka Jović a Firenze non nacque dal numero di gol segnati, ma dal suo atteggiamento, dentro e fuori dal campo. E uno come Vincenzo Italiano, che fa dello spogliatoio una famiglia, non poteva far finta di nulla. "Farò 30 gol", disse il serbo dal ritiro di Moena. Poi la rettifica, qualche mese dopo, alle prime difficoltà: "In ogni caso, quando un giornalista mi chiese quanti gol volessi segnare, risposi ‘beh, 30’. Non ho detto che ne segnerò sicuramente 30". Seguì, qualche mese più tardi, la polemica social proprio contro Italiano: il serbo ripubblicò un post su Instagram in cui si attaccava gratuitamente il lavoro del tecnico. Poi, successivamente, arrivarono le scuse.
Infine la goccia che fece traboccare il vaso: parole che segnarono definitivamente il rapporto tra lui e Firenze. "Ho fatto un grande sacrificio economico accettando l'offerta dei viola. Ritengo che la Fiorentina sia un buon trampolino di lancio per ritrovare la forma migliore e tornare di nuovo in un grande club". La Curva Fiesole non dimenticò mai queste dichiarazioni, e nemmeno l'intervento del direttore generale Joe Barone, che parlò intensamente con l’attaccante davanti ai giornalisti, riuscì a risanare la frattura.
L'avventura alla Fiorentina si concluse con quella splendida giocata in finale di Coppa Italia contro l'Inter, vanificata dalla grande parata di Samir Handanović. Poteva andare molto meglio, ma, vista la sua esperienza al Milan, poteva andare anche molto peggio.
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