Dal punto di vista tattico, Piñones-Arce ha sempre privilegiato un gioco attivo e di possesso, ma senza che esso diventi dogmatico. Le sue squadre sanno pressare alto, ma anche difendersi basse se serve. Amano tenere palla, ma non disdegnano la verticalità se lo spazio non lo permette. Ciò che conta davvero, per lui, è che le calciatrici sappiano perché stanno facendo una cosa, non solo come. È un allenatore che spiega, che costruisce relazioni forti, che pretende concentrazione ma restituisce fiducia.
Chi lo ha conosciuto in Svezia lo descrive come un tecnico “presente”, sempre attento anche al linguaggio non verbale, ai silenzi, all’umore del gruppo. E non è un caso che la Svezia sia diventata una sorta di serbatoio prezioso per la Fiorentina Femminile: dopo Janogy, è arrivata anche la centrocampista Filippa Curmark, un’altra giocatrice che conosce bene il rigore e la qualità del calcio scandinavo, ben rappresentato negli ultimi anni a Firenze.
Nel calcio femminile di oggi, sempre più competitivo, Piñones-Arce rappresenta una figura capace di unire competenza tecnica e visione. La sua è una scelta che va oltre il campo: un segnale di crescita culturale e sportiva. A Firenze porterà un’identità forte, basata sul lavoro e sull’evoluzione quotidiana. E spesso, è proprio così che si comincia a vincere davvero.
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