In quel periodo vennero poste le basi per il futuro campionato di Serie A a girone unico ed il regime fascista, come già specificato, obbligò alcuni sindaci (e poi podestà) delle grandi città a favorire la nascita di squadre che potessero ben rappresentare il blasone cittadino in ambito nazionale. A Firenze, dunque, dopo tredici anni di derby sentiti (di cui gli ultimi sei vissuti in maniera particolarmente vibrante e talvolta violenta), le squadre di calcio della Libertas e del Club Sportivo cessarono di esistere per dare vita all’attuale squadra viola, anche se, inizialmente (dal 1926 al 1929 per l'esattezza), dobbiamo ricordare che la nuova espressione del calcio cittadino vestì biancorosso (per un discorso legato sia ai colori cittadini, che a quelli delle due società che avevano contribuito alla nascita).
Il Marchese Luigi Ridolfi, su precise indicazioni del regime fascista, aveva lavorato alacremente già dall’anno precedente a questa fusione, per fare in modo che le due squadre più importanti della città potessero unire le forze per dare vita ad una compagine più competitiva che rappresentasse tutta Firenze. I tifosi delle due rispettive squadre (che nel frattempo avevano catalizzato l’attenzione sportiva cittadina) non videro di buon occhio questa operazione dettata più da cause istituzionali che sportive, come del resto i dirigenti stessi, che si sarebbero trovati nello stesso “board” insieme ai rivali oramai consolidati.
Dobbiamo ricordare, in questo contesto, che alcuni derby degli anni precedenti, erano passati alla storia soprattutto per i cruenti e violenti scontri che si registravano puntualmente fra le due tifoserie. La neonata Fiorentina, grazie al titolo sportivo ereditato dalla Libertas, venne iscritta al campionato di Prima Divisione 1926-27 (ovvero la seconda serie nazionale di allora, in pratica una sorta di Serie C paragonata ai giorni nostri).


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