Sono ben 13 i gol in stagione (sei in campionato, altrettanti in Conference League e uno in Coppa Italia), i gol di Arthur Cabral con la Fiorentina, che dopo un inizio di stagione deludente, sembra essersi definitivamente sbloccato. Contro lo Spezia, quando Italiano l'ha sostituito con Jovic a dieci minuti dalla fine, il brasiliano è uscito dal campo sotto la Curva Ferrovia, perché lì era dopo aver difeso la porta di Terracciano sull'angolo in favore dei bianconeri liguri e, soprattutto, per fare prima (il risultato era sull'1-1). Testa bassa e passo svelto, nel percorso verso la panchina, costeggiando la tribuna, ha ricevuto un sacco di applausi dai tifosi viola, ormai conquistati da questo ragazzone brasiliano tutta generosità prima, generosità e gol adesso. Però, a quegli applausi, ha risposto abbozzando un sorriso timido e facendo un cenno quasi impercettibile con la mano. E questo non perché ovviamente ce l’avesse con i tifosi, ma perché non essere riuscito a lasciare il segno nella Fiorentina che stava pareggiando. Gli dava tremendamente fastidio e si sentiva in “debito”. Quel segno, cioè i gol, che gli “chiede” espressamente Vincenzo Italiano, uno che ha grandi meriti nella crescita esponenziale dell’attaccante ex Basilea. Come riconosce lo stesso Cabral.
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L'affermazione di Cabral
—Sì, ci ha messo un po’ ad affermarsi, forse un po’ tanto, ma ora è tutta un’altra storia e la differenza l’ha fatta più la testa che i gol. Eppure, il “vero” Cabral era lì nascosto da qualche parte e aveva solo bisogno che i palloni si allineassero nel modo giusto per diventare quello che è diventato. Come scrive il Corriere dello Sport, spesso il saldo tra “gol attesi” e “gol segnati” è passivo, sia che si parli di singoli che di squadra, e invece per Cabral è attivo. Ne ha realizzati, come ricordato, 13, mentre la proiezione gliene assegnava undici. E se sono ancora tutto sommato sono pochini quelli in campionato, la media in Conference League (un gol ogni 88’) è ottima.
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