L'attaccante della Fiorentina, Arthur Cabral, è stato intervistato ai microfoni di Cronache di Spogliatoio, parlando di moltissimi temi, fin dai suoi inizi. Queste le parole rilasciate:
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Cabral: “Tifosi impazziti per le esultanze. Re Artù? Ecco come nasce”
Da dove nasce il soprannome di Re Artù?
—"Tutto era nato alcuni mesi prima, quando un tifoso del Ceará aveva portato allo stadio una corona soltanto per fargliela indossare durante i festeggiamenti. Quel giorno, Arthur Cabral è diventato re. Con tanto di incoronazione dopo la vittoria del secondo Campeonato Cearense consecutivo. Il campionato regionale del mio stato in Brasile, quello in cui abbiamo battuto nel derby il Fortaleza. Sì, re Arthur sono io. Ci avevo messo poco per farmi amare dai miei tifosi".
La scelta di venire in Europa
—"Il Palmeiras chiamò per comprarmi, si trattava di un grande salto, ma fu una delusione. La gente mormorava che fossi buono soltanto per giocare nel Ceará. Era il 2019 e, dopo la seconda esperienza al Palmeiras, capii che dovevo cambiare qualcosa. Fare un passo in avanti che mi permettesse di dimostrare che Arthur non era re soltanto a casa sua. Avevo appena deciso di mollare il Brasile per andare in Europa. Dimostrare, quindi, che Arthur non era forte solo al Ceará. In Svizzera, ogni aspetto della vita è completamente diverso dal Brasile. Per me, il periodo a Basilea è stato troppo importante per arrivare dove sono adesso. Senza quell’esperienza, sarebbe stato un dramma. Se dal Palmeiras fossi arrivato alla Fiorentina, mi sarei fatto male. Un salto troppo grande. Quello step intermedio mi ha permesso di imparare molto, soprattutto che un attaccante deve anche aiutare la squadra in vari modi".
L'incontro con Ronaldo
—"Una volta sono stato a casa di Ronaldo, il mio idolo. Il mio procuratore è suo amico, io ero un ragazzino e mi disse: «Domani non prendere impegni, ti porto a casa di Ronaldo». Non ho parlato, ero immobilizzato. Troppo nervoso e troppo emozionato".
L'arrivo a Firenze
—"Mi chiamò la Fiorentina. E fin dal primo giorno, ho trovato un ambiente più simile a casa mia. Mi ha fatto molto ridere un’immagine di me al supermercato, in cui i tifosi facevano a gara per capire cosa acquistassi quando faccio la spesa. Quando sono arrivato, ero consapevole di dovermi adattare. E infatti all’inizio ci ho messo un po’ per ingranare".
Su Italiano
—"Il mister non molla mai: Italiano è un motivatore intenso, un allenatore che urla sempre e che vuole concentrazione. Non molla un centimetro, è un martello. Mi ha insegnato che non devo mai perdere il focus su quello che sto facendo: fin dal riscaldamento inizia ad urlare per farci rimanere sul pezzo e concentrati. Mi ha detto che devo farlo se voglio essere un top. Questo passaggio mentale è uno di quelli che hanno fatto la differenza per la mia esplosione a Firenze.
Sulla tifoseria fiorentina
—"Ora le persone mi fermano per strada: «Arthuuuuuuur! Dai che devi segnare eh!». Ogni giorno qualcuno mi affianca con la macchina per dirmi che dobbiamo vincere, o anche solo per farmi i complimenti. È davvero bello. E poi sono impazziti per le esultanze. Il gol è il momento più bello del calcio e merita di essere celebrato. Dopo quella sul VAR che ho fatto contro il Braga la gente ha iniziato a scrivermi: «Arthur sei il numero uno! L’esultanza meglio del gol!». Il calcio è allegria, per questo improvviso i balletti con Igor e Dodo. Anche in palestra, dove però non spingo come il mio amico Igor: io ho la genetica dalla mia parte, sono fortunato, mi basta poco. Pure in campo cerco di portare felicità, pure con i difensori avversari. A volte trovo qualcuno un po’ più serioso…".
Sulla mancanza del Brasile
—"Certo che mi manca, ma dovevo dimostrato a tutti il mio valore. In ogni momento della mia carriera ho saputo prendere quanto di buono si potesse: dalle panchine al Palmeiras, dal freddo svizzero, dai gol che non arrivavano a Firenze. Perché se è vero che un’estate vale più di dieci inverni, io sono qui per crescere ancora, sapendo chi voglio essere sia quando le cose vanno bene, sia quando vanno male. Perché non è sempre estate, ma vivo per far sì che sia così".
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