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Iachini, fatica e sostanza. La vita da mediano di ’Picchiabeppe’

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‘Cagnaccio’ in mezzo al campo e anche in panchina. La missione dei gregari che non amano il superfluo

Redazione VN

Spazio all'approfondimento sullo stile di Beppe Iachini sulle pagine sportive de La Nazione. Quella del tecnico viola - scrive Stefano Cecchi - è sempre stata una vita da mediano e dunque, ripercorrendo la nota canzone di Ligabue, una vita a recuperare palloni per chi è nato senza i piedi buoni e per questo per emergere deve lavorare sui polmoni e sulla grinta senza l’idea finale del successo: è o non è l’identikit di «Cagnaccio», come lo chiamavano ai tempi di Ascoli, o di «Picchiabeppe», appellativo col quale Firenze lo invocava quando c’era bisogno che la partita diventasse un incendio? E' lui il prototipo della medianità.

Uno senza una visibilità mediatica alta, protetto, quasi nascosto da quel cappellino sempre calzato in testa che, ha spiegato, gli serve a proteggersi da un difetto agli occhi ma che è invece assunto a simbolo di un modo di vivere il pallone, anti luminoso, respingente i riflettori del proscenio, quasi all’oscuro. In fondo i mediani non vincono le Coppe dei Campioni, possono vincere i campionati di serie B, quelli sì. E Picchiabeppe ne ha vinti ben 4 nella sua carriera di allenatore, non riuscendo comunque ad accreditarsi al punto che una volta, dopo aver conquistato la A, non ci si fidò di lui e si chiamò un altro ad allenare la squadra nella massima serie. Successe a Genova lato blucerchiato quando si stabilì che l’altolocato Ciro Ferrara desse più garanzie di lui: i pregiudizi della vita oltre che che dello sport.

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 Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images
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