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Cecchi: “Da eterno 12 a titolare. Il destino del comprimario Pietro”

Terracciano
Le parole di Stefano Cecchi per il portiere della Fiorentina, Pietro Terracciano, e sul grande progresso fatto in questi ultimi anni

Redazione VN

Come di consueto, il commento del giornalista e firma de La NazioneStefano Cecchi, questa volta sull'affascinante parabola di Terracciano con la maglia della Fiorentina:

Anche stasera, nel dopocena lombardo che profuma di Coppa, sarà lì come ultimo uomo a presidiare la porta viola. Una sorte di guardiano della notte chiamato a proteggere la «barriera» dagli assalti degli estranei, nel caso i grigiorossi della Cremonese. Notte di riscatto e di orgoglio per un calciatore che, forse più di ogni altro, sentirà l’emozione di poter realizzare una personalissima magia. La magia di chi, dopo avere vissuto sempre da comprimario nelle serie minori, alla soglia dei 33 anni si ritrova protagonista nella corsa verso un trofeo importante qual è la Coppa Italia. Che storia affascinante che è quella di Pietro Terracciano, 193 centimetri di portamento ed affidabilità, che per i trascorsi potremmo definire portiere per fatto naturale. Originario di San Felice a Cancello nel casertano, fin da ragazzo Pietrone non ha infatti mai avuto dubbi su quale fosse il proprio ruolo fra gli 11 ragazzini che rincorrevano un pallone, divertendosi come un matto a tuffarsi sul cemento delle piazze di paese: «E’ stata una vocazione, chi nasce portiere muore portiere», ha raccontato. La carriera professionale si è svolta principalmente nel suo Meridione. Gli inizi ad Avellino, poi le tappe a Nocera Inferiore e a Milazzo, quindi un ping pong fra Catania, Avellino e Salerno quasi sempre con una costante: ovunque andasse, per lui la maglia a disposizione non era mai quella del titolare. Un numero 12 di lungo corso, stimato da compagni e allenatori per serietà e disponibilità, ma condannato dal destino a restare nel lato buio del calcio. Quando la Fiorentina nel gennaio del 2019 lo scambiò con l’Empoli, cedendo agli azzurri Dragowsky, sembrò una mossa di complemento, con Terracciano destinato a fare per l’ennesima volta da riserva, stavolta di Lafont. Ma il calcio è una strana giostra dove le luci del successo possono accendersi all’improvviso. Così il Nostro, a Firenze ha fatto una cosa a suo modo rivoluzionaria. Ovvero: a dispetto di tutto, si è conquistato sul campo la maglia di titolare, infrangendo col merito titubanze e gerarchie che erano altre. Come lo scorso anno, quando il numero uno in pectore era Dragowsky. O come quando, a inizio stagione, la società non fidandosi in pieno di lui, aveva deciso di puntare su Gollini. In tutto questo tempo Pietro non ha mai usato una sola parola sbagliata, facendo sempre gridare il campo per lui. Un titolare per meritocrazia. Che ha retto anche all’urto delle critiche piovutegli per qualche sbavatura. Pietro Terracciano, una variabile buona di calcio. Il portiere che, grazie alla forza serena dell’attesa, si è ritagliato un ruolo di primo piano quando sembrava impossibile farlo. A ricordarci così, insieme al maestro Manzi, che se esiste volontà e disciplina, non è mai troppo tardi per niente. Magari nemmeno per alzare una coppa da protagonista dopo anni e anni di gavetta. Una storia troppo bella perché il destino possa remarle contro.

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