Stefano Pioli si aspettava un ritorno diverso a San Siro, non sicuramente in questa situazione di classifica con la Fiorentina
Ci fu un tempo, non molto lontano, in cui San Siro cantava a squarciagola “Pioli is on fire” e l’interessato, Stefano, rispondeva dalla panchina alzando le braccia a ritmo di musica oppure ballando sulla barca degli amici durante le meritate vacanze estive. Come scrive il Corriere dello Sport, fu il tempo scandito dalla cavalcata tricolore verso lo scudetto numero 19 prenotato dall’Inter del dopo Conte, che inciampò una notte a Bologna ma poi fu vinto dal Milan con pieno merito. In quel tempo Stefano Pioli si lasciò apprezzare dalla comunità rossonera per la pasta dell’uomo innanzitutto e poi come tecnico a tal punto da suscitare qualche impegnativo paragone con Carlo Ancelotti che dalle parti di Milanello è considerato una sorta di padre della patria.
Il ritorno di Pioli a San Siro
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A distanza di molti mesi, il suo ritorno a San Siro, in quello stadio dove conobbe una progressione molto intrigante in quattro anni (un primo posto, due secondi posti e una semifinale di Champions League), può procurare non certo rimpianti grazie all’incipit incoraggiante della stagione firmata Max Allegri ma di sicuro dar vita a un pubblico riconoscimento per quel tempo felice ormai andato. E d’altro canto, del suo Milan campione d’Italia sono davvero rimasti in pochi esponenti: Maignan e Leao. Poi Saelemaekers, domenica probabilmente costretto alla tribuna per via di uno dei tanti feriti usciti dalla sosta per le nazionali. Quasi tutti gli altri sono cambiati, a eccezione di Tomori e Gabbia, quest’ultimo vissuto ai margini, l’inglese diventato una sentinella attenta con Kalulu dopo l’infortunio di Kjaer.
Sembra passata una vita ma è proprio qui, a Milano, in quello stadio, che ricomincia l’avventura di Pioli tornato sui suoi passi alla guida di una Fiorentina oggi discussa e sbertucciata per via di una classifica deprimente, e quella del Milan arrivato all’appuntamento con mezzo team fuori uso a cominciare dal belga per finire a Pulisic che è sempre stato uno dei pupilli di Pioli. E allora, dopo l’inevitabile saluto affettuoso a Stefano, sarà sfida di calcio e di acciacchi perché anche i viola hanno denunciato la salute precaria di Kean, uscito malconcio dal viaggio a Tallin e non si tratta di un comprimario ma del re del gol italiano.
Il pensiero di un ritorno diverso
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Non ci saranno scuse né per Pioli e ancor meno per Allegri che già la sera di Juve-Milan ha masticato amaro per quei due punti dispersi al culmine di una bella sequenza di occasioni. Siamo a metà ottobre ed è già arrivato il tempo in cui chi si ferma è già perduto. Che Stefano Pioli guardasse dal primo giorno del ritorno a Firenze al suo passato e al Milan è documentato da un piccolo episodio. Nel giorno del raduno viola rimproverò pubblicamente Allegri reo di aver dimenticato la Fiorentina nel citare le concorrenti alla zona Champions. Avrebbe voluto presentarsi nella Milano rossonera con un’altra classifica e un’altra ambizione dichiarata. Sarà una spinta in più per provare a sollevarsi a un passo dal dirupo come gli accadde puntualmente proprio ai tempi del suo Milan.