Il pareggio tra Genoa e Fiorentina (2-2) racconta due realtà opposte ma intrecciate. Da una parte, la squadra di De Rossi, che mostra entusiasmo, unità e una leggerezza mentale nuova; dall’altra, la Fiorentina di Vanoli, appesantita dagli errori del passato e dalla difficile eredità lasciata da Pioli. Stesso modulo, il 3-5-2, ma spiriti diversi: dove manca la qualità, il Genoa compensa con cuore e fiducia; dove invece la qualità c’è, come tra i viola, pesa la fragilità psicologica. Le immagini finali lo raccontano bene: Malinovskyi corre per ascoltare il discorso del suo tecnico, mentre i giocatori della Fiorentina restano fermi, spaesati, a guardare i tifosi e il vuoto.

Corriere dello Sport
CorSport: “Vanoli ha sulle spalle il fallimento di Pioli. La Fiorentina è a pezzi”
Vanoli sceglie un undici di sostanza, privo di Kean e con Dzeko in panchina, puntando su Piccoli e sull’intensità di Sohm. La Fiorentina mostra qualche segnale di crescita ma resta vulnerabile dietro, soprattutto sulle palle inattive. De Gea para un rigore ma non è impeccabile sui gol, Ranieri commette un errore decisivo. Dall’altra parte, De Rossi si affida a Colombo e Vitinha per sfatare il tabù del gol casalingo e trova in Norton-Cuffy una spinta costante sulla fascia, anche se imprecisa nei cross. Le differenze tra i due tecnici emergono chiaramente: De Rossi vive la partita con energia e passione, Vanoli con rabbia e tensione, simboli di due percorsi diversi ma uniti dalla stessa lotta per la salvezza.
Gli episodi scandiscono una gara intensa: Ostigard porta avanti il Genoa di testa, Gudmundsson pareggia su rigore poco dopo. Nella ripresa De Gea salva un rigore di Colombo, poi Piccoli firma il 2-1 prima che lo stesso Colombo si riscatti con il 2-2 definitivo. Il finale è quasi poetico: il sole tramonta su Marassi, il vento autunnale si alza e i due allenatori, consapevoli delle fatiche che li attendono, si abbracciano a lungo. Genoa e Fiorentina escono con un punto ciascuno, ma con la certezza che per salvarsi serviranno ancora cuore, lavoro e tanta pazienza. Lo scrive il Corriere dello Sport.
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