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La storia di Ranieri Salvini a VN: dalla Fiorentina ai lavori umanitari in Africa

Tommaso Ormini

Ciao Ranieri, come nasce la tua storia da calciatore?

"Ho iniziato a giocare a calcio molto presto, all'età di cinque anni. Dopo i primi calci a pallone nel Bagno a Ripoli, sono stato selezionato dalla Fiorentina, dove sono stato fino agli allievi nazionali. Ho giocato con Cerofolini, Sottil, Luca Ranieri e Zaniolo. È stato un percorso di vita costruttivo, dove sono cresciuto molto. Tuttavia, oltre al calcio, non ho avuto modo di sviluppare molti altri interessi in quegli anni. A 16 anni, per un problema bilaterale alle anche, decisi di cambiare squadra ed andare nella primavera dell'Empoli. Non ho mai recuperato a pieno dall'infortunio, con l'aggiunta di due operazioni alle ginocchia. Sono stati anni in cui ho riflettuto molto sulla mia vita, visto che il sogno di fare il calciatore sembrava sfumarsi"

Cosa ti ha portato a cambiare così tanto stile di vita?

"Devo molto alla mia famiglia. Ho sempre avuto la predisposizione ad aiutare le persone più vulnerabili. Durante il percorso universitario, dopo la laurea triennale in psicologia, ho deciso di partire per la Grecia per un volontariato di tre mesi in un campo profughi. In quel momento scoprii di avere in mano uno strumento potentissimo: il calcio. Piano piano iniziai a capire che fosse ciò che riusciva ad unire le persone migranti provenienti dalle parti più disparate del mondo. Dopo di ciò ho deciso di usare il calcio come mezzo per aiutare le persone. Sono stato in una favela in Brasile per tirocinio universitario, e dopo la laurea magistrale sono partito per il Sudafrica, sempre con l'intento di lavorare in contesti di estrema vulnerabilità"

La svolta è arrivata in Sudafrica, anche a livello di visibilità?

"Si, in Sudafrica ho avuto l'opportunità di giocare per una squadra di una delle  baraccopoli. Questa è stata forse l'esperienza più significativa del mio percorso. Per una serie di casi sono riuscito a unirmi a questa squadra, e ho scoperto un mondo da una prospettiva diversa, che mi ha fatto capire molto di più di un mondo così lontano dal nostro. Grazie ai social, soprattutto a Cronache di Spogliatoio, ho avuto una visibilità incredibile che mi ha portato a sentirmi responsabile di condividere tutto quello che stessi vivendo con più persone possibile"

Proprio questo ti ha portato a scrivere il libro?

"Senza dubbio. Soltanto provando emozioni forti puoi arrivare a scrivere un libro così. I punti che ho deciso di toccare nel mio libro vorrei permettessero alle persone di immedesimarsi ed empatizzare verso una realtà così distante. Sento che il libro sia un mezzo molto potente, più di qualsiasi cosa"

Grazie a tutto ciò, sei riuscito a trasformare questa scelta di vita in un lavoro...

"Esatto, grazie alla visibilità che ho ricevuto, ho iniziato a lavorare con l'unica Onlus italiana che lavora attraverso il calcio in Africa: WeFootball. Abbiamo molti obiettivi e visioni in comune su come cambiare il mondo. Quello che facciamo è fondare scuole calcio nei contesti delle baraccopoli, aiutando bambini attraverso lo sport per inserirli in programmi educativi e poi nel mondo lavorativo. Tutto questo accade in Tanzania, Zambia, Kenya e Sudafrica"