00:50 min
VIOLA NEWS esclusive le nostre esclusive Il 3-4-2-1 di Pioli, al Milan sì e alla Fiorentina no: perché?

esclusive

Il 3-4-2-1 di Pioli, al Milan sì e alla Fiorentina no: perché?

Matteo Torniai Redattore 
Psicologici, di intesa o di adattamento. In Nazionale sì e a Firenze no. I problemi della Fiorentina letti in paragone con la proposta milanista di Pioli

Ci sono momenti in cui un allenatore deve cambiare tutto per non perdere se stesso. Per Stefano Pioli quel momento arrivò in una fredda notte contro il Torino, quando il suo Milan sembrava aver smarrito ogni certezza. Reduce da settimane di crisi, da un derby che aveva lasciato scorie profonde e da un 4-2-3-1 improvvisamente fragile, Pioli scelse di spezzare la routine e ridisegnare tutto. Nacque così il 3-4-2-1, più per necessità che per convinzione, ma destinato a diventare uno dei manifesti della rinascita rossonera post-Scudetto.

Contro il Torino, il 10 febbraio 2023, il Milan è stato: impaurito nel primo tempo, ma coraggioso nel secondo. Pioli capì che serviva una scossa tattica e mentale. Passò a tre dietro con Kalulu, Kjaer e Thiaw, liberò Hernandez sulla corsia sinistra e chiese a Saelemaekers di fare il pendolo, pronto a diventare quinto di difesa (mossa adottata anche oggi da Allegri). In mezzo Tonali e Krunic per dare ordine, mentre davanti Diaz e Leao si muovevano alle spalle di Giroud, perno offensivo e riferimento continuo. Risultato: un Milan più compatto (a 5 dietro in fase di non possesso), capace di difendersi meglio e ripartire più velocemente.

Quel sistema cambiò tutto. In fase di possesso Pioli trovò equilibrio, Hernandez cominciò a rompere le linee, Leao tornò a giocare faccia alla porta (non più defilato e emarginato sulla sinistra); e Giroud, con le sue sponde, divenne il punto d’appoggio di un gioco più verticale. Il 3-4-2-1 permise ai rossoneri di respirare, di allontanarsi dal caos del 4-2-3-1 e di ritrovare una logica collettiva. Anche se il pallone passava meno dai piedi dei centrocampisti, la squadra guadagnava campo con precisione. 

Ora, a Firenze, Pioli ci sta riprovando. Stesso modulo, stesso principio: dare solidità a una squadra in difficoltà, accorciare le distanze, ritrovare fiducia. Ma il copione, almeno per ora, non funziona. Perché il Milan e la Fiorentina, pur giocando con la stessa lavagna tattica, non parlano la stessa lingua.

Alla Fiorentina il 3-4-2-1 si è trasformato in un qualcosa di irrisolto. I tre dietro non hanno la stesse letture dei difensori milanisti, gli esterni faticano a dare ampiezza e ritmo, e il palleggio resta lento.

Il gioco del Milan, in quel caso, si è rivoluzionato: più verticalità e ripartenza. La palla passava meno dai centrocampisti, ma andava direttamente sui piedi dei tre giocatori offensivi o di Theo Hernandez. Ecco che, in mezzo, servivano più giocatori di gamba che di palleggio. Tonali e Krunic sono stati scelti non a caso, a discapito magari dell'Adli di turno, valorizzato sì da Pioli, ma giocatore più di gestione e di costruzione. Tonali (sempre per la rubrica dei non a caso) è stato nominato come il "miglior centrocampista della Premier League" da Paul Scholes. Insomma, il miglior interprete del ruolo di centrocampista nel calcio più agonistico del mondo. E forse qui possiamo discutere di alcuni problemi dei singoli: perchè Fagioli sembra così fuori luogo in questa Fiorentina? Eppure talento e qualità tecniche non mancano. Forse nel ruolo dei due centrocampisti nella linea a quattro con Gosens e Dodò sui lati, le richieste di Pioli sono diverse dalle qualità di Nicolò. Riflettendoci, nelle prime giornate di campionato (seppur con modesti risultati), Pioli schiera Fagioli non nei due di centrocampo, ma come mediano; come ad esempio nel 3-5-2 di Cagliari.

Fagioli a parte, cosa manca e chi manca a questa Fiorentina? Strano da ammettere, ma probabilmente Sohm; o meglio, le caratteristiche per cui è stato acquistato Sohm. Le prime uscite non sono state positive, ma l'acquisto dello svizzero, al di là delle questioni di prezzo, non può essere stato così sbagliato. Un giocatore di gamba e polmoni a questo centrocampo serviva. Oltre a lui, solo Ndour potrebbe garantire garanzie in tal senso. Mandragora, ad oggi, è categoria a parte; più jolly che centrocampista dal ruolo predefinito.

Capitolo esterni: il Milan viaggiava tanto sulla scia positiva dei picchi di talento dei suoi "campioni": Theo e Leao su tutti. Ecco che, per la Fiorentina, in questo tipo di sistema serve ritrovare il miglior Gosens, ma soprattutto il vero Dodò. Il brasiliano è l'unico paragonabile, almeno per l'abilità di saltare l'uomo, all'esterno francese. Stessa cosa vale per Gudmundsson. Se cercato sui piedi e tra le linee, ecco che può veramente diventare l'uomo in più. In questo momento non si può prescindere da lui. In questa Fiorentina, anche a causa dell'assenza totale di esterni offensivi, non ci sono tanti giocatori capaci di saltare l'uomo.

Ecco che qui si innesca una sorta di cortocircuito: andare su questo tipo di linea (limitando, a quanto pare volontariamente, la presenza di giocatori aventi nel dribbling la propria caratteristica di punta) significa presupporre la creazione certa e dunque  l'esistenza di una struttura di gioco solida e riconoscibile. Ricordate l'Inter di Inzaghi? E' stata criticata nella scorsa parte di stagione perché era una tra le ultime in Serie A per dribbling riusciti. Numero insolito per una squadra di vertice. Ma funzionava perchè aveva un gioco corale, di squadra, riconoscibile. Un gioco in cui tutti gli interpreti faceva al meglio la loro parte. Il 3-4-2-1 di Pioli al Milan, invece, grida più la parola anarchia a livello offensivo. Libertà per i trequartisti (e Theo in fase offensiva) coadiuvati dall'assistenza e dal supporto di Giroud. Ecco che Gudmundsson in questo tipo di sistema è fondamentale. Non quello visto con la Roma, ma il Gudmundsson che tutti noi immaginiamo. Alternative valide? Purtroppo, ad oggi non ci sono. O si trova un'identità forte di gioco puntando sul tandem offensivo Piccoli-Kean; o serve ripescare, per proporre il 3-4-2-1 di cui si è parlato in precedenza, la miglior versione di Gudmundsson.

Quale delle due opzioni sono ad oggi concrete e tangibili all'interno di questa Fiorentina? Purtroppo nessuna. Ecco forse un'ulteriore spiegazione a quei "miseri" 3 punti in classifica dopo 6 giornate di campionato.

Pioli ha cercato di riproporre a Firenze quella stessa logica che al Milan aveva restituito solidità e convinzione (che porteranno poi al quarto posto finale). Ma cambiano gli interpreti, cambia il contesto e cambia l’efficacia. Il 3-4-2-1 funziona solo se tutti i singoli si esprimono al meglio e se dietro i reparti restano corti. A Milano quella fiducia nacque dalla paura di crollare, a Firenze deve nascere dal coraggio di ricominciare.