La Fiorentina peggiore della storia. Le statistiche fotografano in modo inequivocabile il momento drammatico, sportivamente parlando, della squadra allenata da Stefano Pioli. All'indomani della sconfitta per 3-0 contro l'Inter, abbiamo fatto quattro chiacchiere con un amico di Violanews come Marco Bucciantini, opinionista di punta di Sky Sport.

ESCLUSIVA
Bucciantini a VN: “Tutti colpevoli di questo buio. La proprietà deve intervenire”
Caro Marco, oltre alla classifica preoccupano le prestazioni: la Fiorentina non migliora. Sbaglio?
"La Fiorentina non riesce a diventare qualcosa, qualsiasi cosa. È stata squadra in alcuni momenti nelle recenti partite: in modo difensivo per un’ora contro Inter e Milan (ma con l’Inter ci sono volute anche grandi parate di De Gea), e di reazione nervosa (sulla ventata di episodi favorevoli) nel finale contro il Bologna - spinta emotiva subito esaurita e dispersa a San Siro. Ma sono situazioni che non creano valore, forza di squadra. Sono quasi emergenze che non si trasformano in modo di giocare, non lasciano tracce, non creano percorsi. Si possono distinguere due tentativi: un’idea e una partita più aggressiva, ne cito tre, dall’uomo su uomo a tutto campo contro il Napoli all’intensità veemente contro Como e Inter, per soffocare il loro bel gioco. Tentativi mortificati dalla forza del Napoli nei duelli che ha subito sopraffatto la Fiorentina, e “aggirati” dalla tecnica di Como e Inter, che piano piano e palleggiando e controllando tecnicamente la partita sono uscite
alla distanza finendo per dominare e impoverire la partita viola, che finisce per perdere il controllo fisico degli spazi e che quando sceglie questi uomini si scarica troppo tecnicamente. Altre volte abbiamo tentato una partita su ritmi più bassi e con centrocampisti più tecnici, per tentare di controllare tecnicamente il gioco: la mancanza di coraggio che rattrappisce qualcuno, l’agonia di Gudmundsson, la difficoltà (per loro limiti) di far partecipare i difensori alla manovra non permettono a questo tipo di approccio di svilupparsi in modo continuo e credibile. E così dopo 9 partite non abbiamo ancora la “nostra” partita: questa è la cosa più preoccupante".
All'orizzonte ci sono due partite da non fallire, "vita o morte" per citare Pradè...
"Lecce, Genoa, ecco squadre in zona Fiorentina, nella classifica. Ma ormai è perduto qualsiasi vantaggio e saranno partite difficili per tutti i versi: l’ansia e urgenza della classifica complicheranno l’aspetto mentale e agiranno su una squadra già spaventata. Ma bisogna essere anche realisti e la Fiorentina di adesso non ha vantaggio tecnico o certezze di gioco da proporre, non sono partite facili da prevedere perché in questi tre mesi non abbiamo identificato o riconosciuto le intenzioni, se non in alcune parti di alcune partite. Contro Pisa, Cagliari, quel Torino allora in difficoltà… non siamo riusciti a esprimere una personalità che ci rassicuri sul fatto che calando il livello dell’avversario si riempirà automaticamente il campo di Fiorentina. Contro il Lecce sarà una partita da conquistare un po’ ovunque, cercando anche il controllo nervoso di un match che per loro è importante e difficile e per la Fiorentina è disperato. Ecco, bisogna essere bravi a cercare il gioco e nascondere la disperazione ma la Fiorentina in questo momento non ha prestazioni recenti alle quale appoggiarsi perché la Conference è illusoria, così come ci faceva credere, sperare che Cabral e Jovic potessero nutrirsi del giovedì per crescere e segnare anche la domenica, quando invece si ripresentava puntualmente l’inadeguatezza. Non è solo un fatto di valore degli avversari (comunque quasi sempre inferiore e di molto) ma proprio di caratteristiche delle competizioni europee, dove c’è più spazio in campo e la palla può girare e c’è spazio per ritrovare coraggio".
Nelle percentuali di colpe, dove punti il dito?
"Alla fine questo è il discorso più semplice: questa classifica e queste partite non salvano nessuno. Una proprietà che giocoforza è distante per costituzione e per contingenza, e che non ha strutturato o rinforzato la società per gestire questa distanza, una società che in questa autonomia si è un po’ persa e che adesso sconta il senso di colpa di aver speso molti soldi senza migliorare la squadra, per ritrovarsi senza esterni d’attacco e dunque senza neanche la possibilità cambiare geometria alla squadra, senza aver valutato bene la scorsa stagione (il senso di alcune scelte di gioco che proteggevano certe fragilità. E anche di giocatori: un sapiente come Cataldi davvero non serviva più?), e lascia una maleodorante idea che accontentare un procuratore - Lucci - abbia superato il senso della misura, e che adesso non trova la distanza giusta per intervenire, sentendo doveroso le parole solo dopo il rigore subito contro il Milan, in quella specie di tic che assale le dirigenze".
Difficile in questo momento trovare qualcuno o qualcosa a cui aggrapparsi, partendo dalla società. Qual è il tuo pensiero?
"La società sconta anche la debolezza politica dell’unico uomo forte della società, Pradè, che si sente sfiduciato dalla piazza, fino alla paralisi dell’azione, perché quando si è politicamente deboli si fanno pensieri deboli. Poi il tecnico, che doveva essere il valore aggiunto, che poi abbiamo cominciato a guardare come una specie di assicurazione nelle difficoltà, infine come una lanterna nelle tenebre ma nemmeno da Pioli sembra arrivare luce, le scelte si avvitano, si contraddicono, ad oggi non sappiamo cosa voglia essere la Fiorentina, prima ancora della capacita di esserlo. Tutti sono colpevoli di questo buio, anche giocatori che delegano agli altri la responsabilità, in un gioco di sottrazioni che ha banalizzato la squadra. I più tecnici hanno anche più colpe. Aggiungiamo la situazione di uno stadio che sarà bellissimo (ma quando? Imponiamo a chi comanda i lavori di chiarire i tempi) ma per ora è deprimente e toglie molto all’effetto-Fiorentina. Ecco, sullo stadio non c’è niente da fare. Sul resto sì, perché gli uomini possono cambiare il destino. Ovviamente, questa non è una settimana per sfiduciare nessuno, ma un intervento della proprietà, un messaggio forte, in qualche modo deve arrivare. Altrimenti dilaga un pensiero di precarietà forte, di attesa che il tempo sistemi le cose, per un verso o per l’altro".
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