Diversi da loro
—Che la proprietà Commisso sia restia a cambiare, lo si era capito già in passato: dolorosissimi i passaggi da Montella a Iachini, da Iachini a Prandelli e poi di nuovo a Iachini, prima del triennio con Italiano. Non stupisce, quindi, che Palladino abbia avuto il tempo che gli è servito, semmai fa impressione che dall'altra parte i Friedkin, un'altra delle tante gestioni americane in Italia, si siano incartati in maniera così clamorosa, tra l'altro dopo aver tenuto e rinnovato DDR anche a fronte della conclamata preferenza dell'ex ad Lina Souloukou per l'allenatore viola, quando era ancora al Monza.
Rendiamoci conto
—Fissiamo allora un concetto che dovrà rimanere saldo in tempi di vacche magre: un conto è essere sotto l'egida di un fondo d'investimento, come il Milan o di una multiproprietà, come appunto la Roma, e un altro conto è avere un presidente, una famiglia, qualcuno di vero, tangibile e anche apprezzabilmente presente (presidente ha la stessa radice di presidiare, difendere in prima persona) a cui rivolgere ora malumori e ora ringraziamenti, in base a quello che è l'andamento del "re" risultato sportivo. In questo modo si resta umani, in questo modo si viene fuori da periodi di apnea. Perché quello tra metà agosto e metà settembre, per la Fiorentina come per la Roma, è stato un frangente di grande affanno. Solo che una l'ha superato a pieni voti, mentre l'altra è rimasta prigioniera di fretta, distacco e pressioni. E ora quali sono gli americani giusti?
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