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Parole da grande leader e grande allenatore: Pioli un esempio per tutti

Pioli
Dentro la crisi della Fiorentina: Pioli si è assunto le sue responsabilità, ora la palla passa al campo. L'editoriale di Matteo Magrini per Violanews
Matteo Magrini

Non di sola tattica, organizzazione, tecnica e conoscenze è fatto un allenatore. Quegli aspetti contano, eccome, e chi ha la pazienza di seguirmi (quasi) quotidianamente su queste colonne o in radio sa bene quanto io stesso sia attento e appassionato a certi temi. In chi guida una squadra insomma, dovendo analizzare quanto propone e i risultati che ottiene, cerco sempre di cogliere quanto e come si veda la sua mano, quanto e come incida sul modo di stare in campo, quanta e quale identità riesca a dare alla sua “creatura”, quanto coraggio, quali principi.

Con un gusto personale, perché nel calcio come in tutte le cose è (anche) questione di gusti, che preferirà sempre una proposta offensiva, moderna, aggressiva. Eppure, tutto questo sarebbe poco o nulla senza l'aspetto umano/caratteriale e senza personalità.


E così veniamo a Stefano Pioli, e in particolare alla conferenza stampa di ieri. Una conferenza nella quale, visto che in tanti ancora nutrono dubbi, ha dimostrato una volta di più quale sia la differenza di status tra un grande allenatore e chi non lo è ancora o magari non lo diventerà mai. Forse esagero, ma credo che siano state le parole più belle e importanti ascoltate fin qua.

Parole chiare

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Non sono triste o amareggiato per le criticheha detto sono arrivato sbandierando ai quattro venti i miei obiettivi e le mie ambizioni e non posso aspettarmi altro visto che non abbiamo ancora vinto una partita in campionato”. E poi ancora. “Le mie parole sulla Champions e sui traguardi da raggiungere non sono state male interpretate. Ero e resto convinto che Firenze meriti di alzare il livello, che la Fiorentina debba alzare il livello e che abbiamo le qualità per farlo. Adesso, e in futuro”. La Conference? “Vogliamo arrivare in fondo”. Faccia al vento, e petto in fuori. Senza rinnegare quanto dichiarato in estate, senza nascondersi dietro chissà quale scusa o al solito “il mio discorso è stato forzato” o storielle simili.

Capito insomma perché, fino a prova contraria, era e resta l'uomo giusto per tirar fuori la Fiorentina  dalle sabbie mobili in cui si è cacciata? Perché se riuscisse a trasmettere anche solo una parte di questo atteggiamento ai suoi saremmo o saremo (ci auguriamo) davanti ad un gruppo capace, come successo in un passato non troppo lontano, di andare anche oltre le proprie possibilità.

A proposito

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Pioli ha anche detto che se i calciatori stanno rendendo meno di quanto possono è per colpa sua. Di certo, perché nessuno lesina critiche se meritate, anche lui un po' del suo ce l'ha messo: i tanti moduli, giocatori scelti e poi spariti, idee poco chiare nonostante due mesi abbondanti di lavoro. Quando si analizza una crisi però, il gruppo chissà perché resta sempre ai margini. O “è colpa del direttore sportivo che non capisce niente e si deve dimettere” (eppure tanti di chi lo sostengono avevano dato 7 o più al mercato...) o “l'allenatore è scarso, bollito” ecc ecc...

E i giocatori?

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Ecco. In questo momento, sono loro a dover dare una risposta. Perché Pioli sa bene di dipendere dai risultati (non verrebbe confermato in eterno e contro l'evidenza, ovviamente), ma ora come ora il presidente Commisso, che forse farebbe bene a farsi sentire in questo momento, ha piena fiducia nel suo tecnico. Il gruppo quindi segua l'esempio di Gosens, si assuma le proprie responsabilità, e se come ha detto il mister “non è un problema di atteggiamenti o di rapporti interni” tra stasera e domenica tiri fuori tutto quello che ha per dare una svolta decisa ad una situazione che altrimenti, con 14 giorni di sosta all'orizzonte, diventerebbe semplicemente insostenibile.