Viola News
I migliori video scelti dal nostro canale

Viva il Bologna: ecco perché

Fiorentina, coloriamo la normalità: viva Italiano che reagisce e s’impunta

Marco Bucciantini
Tutto l'ottimismo ragionato e motivato di cui è permeato l'editoriale di Marco Bucciantini per Violanews: buona lettura
Marco Bucciantini

Bisogna trovare un colore alla normalità. Provare a sottrarla all’insidia più scontata: quella del grigiore, della mediocrità. Perché se per Aristotele la virtù stava nel mezzo (frase che ci piace ripetere, ma concetto che non sappiamo apprezzare) per i tifosi non basta, per gli opinionisti è un disastro: molto più facile cantare o deplorare i tempi estremi, esaltare il successo e demolire la sconfitta, trasformarla in fallimento. Sono pur sempre due atteggiamenti che incontrano il favore del pubblico.

Torniamo alla normalità, quella che oggi propone la classifica della Fiorentina, e che la rappresenta in modo onesto. Una classifica (una normalità) costruita corteggiando sia prestazioni superiori al proprio valore, delle quali serpeggia per fortuna un’acuta nostalgia, sia cadendo in partite inespresse, magari n on anonime ma sicuramente un po’ frustranti. Cercando su “google” appoggi al tentativo di sostenere l’importanza e la serietà della normalità, mi sono un po’ spaventato. Chiunque si sia (anche autorevolmente) allenato a trovarne un contorno, una definizione filosofica, ha finito per condannare la normalità con i più tristi esempi, con le più deludenti parole. Di solito in queste ricerche si trovano “massime” di artisti, scrittori, pensatori: tutta umanità “eccellente” che dunque di conseguenza e anche per posa deve sfuggire alla normalità. Va bene. Mi sono consolato con un mito - Umberto Eco - che mescola gli ingredienti che formulano la normalità. Mi sono rilassato e ho canticchiato con Lucio Dalla e il alter ego disperato ed erotico, arrangiato in stile stomp, e dunque “l’impresa eccezionale/ dammi retta/ è di essere normale” (canzone che conosciamo tutti, almeno della mia generazione, perché c’insegnò un sacco di parolacce e di allusioni piccanti). Ne ho trovata una adatta, di uno scrittore americano: la normalità è la conformità alle aspettative collettive. Non è il colore che vogliamo, ma è sincera: il settimo posto della Fiorentina (può essere ottavo, o nono, dopo i recuperi di Lazio e Napoli) è assolutamente conforme alle aspettative, anzi, nel caso fosse il settimo, sarebbe nei pressi dell’obiettivo dichiarato, l’Europa, nella versione plebea che pare essere l’unica che ci riguarda. Se miriamo più avanti, alle due Coppe da giocare (con qualche chance) già viriamo il grigio. Se ci annusiamo attorno e sentiamo Roma, Lazio e Napoli, cavolo, allora siamo oltre il recente passato ma è acqua di colonia, un profumo artificiale, un colore acceso ma aggiunto in post produzione: è colpa loro se sono insieme alla Fiorentina. Se invece guardiamo davanti, ormai lontano, e vediamo Bologna e Atalanta appaiate al quarto/quinto posto, entrambi i piazzamenti che oggi varrebbero la qualificazione in Champions, allora la normalità deprime il tifoso e il dirigente, l’allenatore e il centrocampista. Non basta più. Siamo ormai abituati a pensarci relativamente (in relazione ad altro, ad altri). Per esempio il quarto posto di dicembre fu costruito con partite forse inferiori a quella di Empoli (sicuramente rispetto al primo tempo). E nello sport - disciplina che misura le persone, i gruppi - non si può scappare da questa valutazione ambivalente che attiene a quello che si riesce a esprimere e quanto questo possa più o meno essere efficace contro gli avversari. È per questo che lo sport ci strappa i sentimenti dal sangue, le emozioni dalla carne. E quasi mai ci acquieta ma ci trascina, ci sbatte, ci gasa e ci mortifica e tutte queste cose insieme abbiamo bisogno di sfogare con un racconto che per forza non può essere lineare o coerente.


Ma siccome in quasi quattro mila caratteri non siamo riusciti a dare un colore credibile alla normalità, eppure il nostro obiettivo era di renderla accettabile - e anzi: fondamentale - torniamo dalle squadre straordinarie, il Bologna, l’Atalanta: al tempo stesso (ma non è giusto, non è serio) la loro bravura diminuisce la valutazione della Fiorentina. E sono quindi la carie alla felicità del popolo Viola. Invece sono da tifare, da conservare (sull’Atalanta poco da aggiungere, essendo eventualmente questo il settimo campionato degli ultimi otto nel quale arriva davanti alla Fiorentina, con quattro qualificazioni in Champions). Da innalzare come certi monumenti, testimonianza e ricordo di imprese importanti, opere degne di “imperitura considerazione”, monito foscoliano a tutti quelli che cercano un esempio, un modello, un comportamento virtuoso. Imparando dai più bravi si supera noi stessi e la normalità che ci chiama come condizione ovvia e logica. Succede che i più bravi sono anche dietro in classifica, perché bravura e meriti sono un impasto fra possibilità e risultati. Capita anche che la validità di ciò che si fa sia perfino diversa dai risultati, e bisogna avere occhio e cuore (e gusto) per riconoscerla: per esempio a me sta esaltando l’orgoglio del Verona, allenato da un fiorentino, tra l’altro. Dunque viva l’Atalanta, viva il Bologna e se dovessero arrivare in Champions sarà solo una ricchezza per tutto il calcio e soprattutto per chi pensa di esserne escluso a prescindere, perché convinto che il calcio usa premiare solo in ordine di ricchezza (e di debito accumulato). Quando quest’ordine si confonde è tutto più interessante, per tutti: lascia spazio e sogno alla competenza, alla fatica, alle idee, al coraggio, alla coesione, alla costruzione collettiva (dal terzino di riserva all’appassionato che ci mette i suoi soldi per stare dentro l’avventura).

Se mi credete, nella mia condizione migrante spesso incontro tifosi di altre squadre ma ammiratori della Fiorentina, per l’impronta d’attacco con cui vuole farsi le partite, per l’impressione di volontà che trasferisce, per le recenti finali giocate e perse (immeritatamente, entrambe). La distanza può essere una focale ideale ed è sicuramente un punto di vista in più, da considerare. Quell’impronta sulla partita, che la Fiorentina vuole sempre imprimere, oggi ci pare un’orma, una sagoma che resta vuota, che racconta qualcosa che è passato di lì ma che è ormai altrove. La sfida sarà tornare, rifiutare la normalità, ribellarsi alla delusione. Riprendersi quegli sguardi che adesso ammirano e premiano il Bologna, che a settembre aveva il quindicesimo o sedicesimo monte ingaggi (girano graduatorie diverse, ma la sostanza è identica e il lodigiano Giovanni Sartori è un mito). Che ha un costo del lavoro inferiore alla Salernitana (meno della metà della Fiorentina). Che ha speso bene, dunque. Ha lavorato benissimo. Ha intuito un giocatore enorme (Zirkzee), lo ha difeso nell’assenza di gol delle prime stagioni, lo ha liberato di Arnautovic (incassando) una volta capito che poteva diventare centrale, ha già preso il sostituto (Castro) prendendosi il tempo di valutarne le possibilità, tenendolo dietro a Zirkzee, rimasto per spingere fino in fondo una stagione fatata, per non sgonfiare un sogno. Due anni fa, va ridetto senza timore, la Fiorentina fece il contrario: liberò l’inquieto Vlahovic a gennaio, in una posizione simile a quella di oggi del Bologna, e l’indomani comprò Cabral, che in poche ore passò dal Campionato Svizzero alla lotta Champions in Serie A dove doveva surrogare il capocannoniere, protagonista di quella sfida (a distanza di 25 mesi quel centravanti non c’è ancora, oggi ci sentiamo protetti da Belotti, che per quanto ne sappiamo è in transito): ripetere non significa sottolineare di nuovo un errore ma solo spiegare come i valori non siano distanti - lo scorso anno fra Fiorentina e Bologna, in campionato, ci furono solo due punti di differenza - e certe scelte fanno la differenza, soprattutto quando proteggono la coesione (fra le parti, con il popolo): quella stagione la Fiorentina viveva un senso di novità (dalle stagioni antagoniste di Iachini a quella protagonista di Italiano), vibrava di un’energia che affratellava, e la stessa proprietà era ancora spinta da quel segno di liberazione con cui era stata accolta.

Le cose si perdono e si ritrovano, niente paura. Dopo la partita con l’Empoli il tecnico ha “reagito” per una volta trasformando una critica (legittima) in una insinuazione: ci divertiamo ancora. E per farlo si è appeso al primo tempo perché altro non aveva dove conficcare le unghie. Lo sapete: a noi piace, è stato ed è il valore aggiunto, l’idea forte che ha riportato la Fiorentina sopra i 60 punti e nelle ultime partite delle Coppe. Siamo sicuri che abbia colorato questi suoi mesi a Firenze, che sia animato da un fuoco vero, dall’impeto futurista, che sia quell’avanguardia che può riuscire a trascinare. Firenze ci è sempre sembrata la città ideale per dare cultura a certe ambizioni, ma niente è scontato: passati dalla città con la famiglia qualche giorno intorno a Natale, notammo il restauro infinito del Caffè Le Giubbe Rosse, a proposito di Futurismo e di idee che devono trovare un tavolo per mettersi in pratica, anche per finire in un vicolo cieco. Così il Bologna si è preso un posto che la Fiorentina ha avuto ma non ha trattenuto, e forse nemmeno assaporato e sicuramente non condiviso, e che oggi rimpiange fino ad intossicarsi e a programmare le colpe.

C’è tempo. E ogni tempo ha i suoi cantori e le sue parole. Ma il tempo va: procede, incede. In avanti (e davanti alla Fiorentina, se ci siamo intesi, ci sono due squadre che possiamo essere, che siamo stati, due sogni che possiamo sognare). Davanti, c’è sempre un orizzonte. La normalità è una stoffa robusta che merita più apprezzamento, e lascia agli uomini la possibilità di tingerla, perfino li protegge, offre un punto di caduta e ne libera la visione, si lascia riempire di coraggio e valore. Se vogliamo concludere con un colore, per dare una fine al nostro inizio, allora l’orizzonte ha un colore bellissimo.

tutte le notizie di

Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Fiorentina senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Violanews per scoprire tutte le news di giornata sui viola in campionato e in Europa.