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Ex vice Ranieri a VN: “Dalla B a trofei ed Europa, brividi. Un rimpianto? Montella”

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L'addio al calcio annunciato da Claudio Ranieri per dopo la partita tra Cagliari e Fiorentina ci dà occasione di rivivere i suoi anni in viola assieme al suo vice di allora, Angelo Antenucci
Federico Targetti
Federico Targetti Redattore 

Prima di Atene c'è Cagliari, ultima giornata di campionato e partita dalle mille letture. Il turnover di Italiano, la possibilità di qualificarsi alla Conference League 2024/25 con una vittoria, ma anche l'addio al calcio di Claudio Ranieri, tecnico dei sardi. Un allenatore che ha fatto della semplicità e dell'equilibrio la propria grandezza, raggiungendo traguardi che sfociano nella leggenda come quando, nel 2016, ha vinto la Premier League con il piccolo Leicester City, segnando un'era calcistica. Ranieri, che proprio con il Cagliari ha iniziato la sua lunga storia in panchina, ha allenato la Fiorentina dal 1993 al 1997, portandola dalla Serie B alla vittoria di Coppa Italia e Supercoppa Italiana nel 1996, per poi arrendersi al Barcellona in semifinale di Coppa delle Coppe l'anno successivo. Al suo fianco, in quei quattro anni c'era il vice Angelo Antenucci, che la redazione di Violanews ha contattato per rievocare quei momenti.

Quello di Claudio è stato un percorso straordinario. Ha tenuto sempre fede a una linea, senza mai perdere di vista il concetto dell'equilibrio. Come sempre, ha trovato il momento opportuno per fare la cosa giusta. Ci teneva enormemente a chiudere a Cagliari, dove tutto è iniziato, portando la squadra in Serie A e salvandola.


Se le diciamo "Fiorentina 1993-1997", cosa le viene in mente?

Mi vengono in mente tante cose... Calarsi da Napoli nella realtà toscana e fiorentina è stato da una parte bellissimo, dall'altra sapevamo di non poter sbagliare, di dover risalire immediatamente per rispetto di una tifoseria come quella viola. C'era tanta attesa, ma anche tanta fiducia, perché la squadra era forte, andava solo ricucito il rapporto con il popolo.

Anche perché... Batistuta, Effenberg, Baiano, Flachi, Robbiati, Orlando, Toldo, Mareggini, Pioli, Iachini, Malusci, Carnasciali... Era uno squadrone per la Serie B.

Sul momento non c'era questa sensazione così netta, i Batistuta e gli Effenberg erano giocatori sì affermati, ma non ancora quelli poi celebrati negli anni successivi. C'era la pressione di dover vincere, e quello rosicchia sempre qualcosa in termini di qualità. Ma sapevamo di potercela fare.

E ce l'avete fatta alla grande, per poi diventare leggenda. Tutt'oggi siete i penultimi ad aver portato la Fiorentina in una semifinale europea, e i penultimi ad aver vinto qualcosa. Pensi che chi ha 25 anni non ha memoria o idea di cosa voglia dire vincere un trofeo a Firenze. Ci aiuti lei.

Di quella sera ricordo molte cose... La più bella fu trovare allo stadio, in piena notte, dopo che dall'aeroporto di Pisa arrivammo in pullman a Firenze, qualcosa come dieci, quindicimila persone in festa. Da far accapponare la pelle, una cosa sinceramente unica in tanti anni di carriera, mi vengono i brividi.

E oggi secondo lei i tempi sono maturi per provare di nuovo queste sensazioni?

Io incrocio le dita! Spero proprio di sì, il tecnico, Italiano, è di tutto valore, la sua filosofia si sposa con il gusto del calcio che ha sempre caratterizzato Firenze, e in più coniuga praticità ed estetismi, che non sempre vanno d'accordo.

C'è qualcosa che rimpiange rispetto agli anni fiorentini? Un giocatore che lei e Ranieri avreste voluto, magari. 

Forse Montella: c'è stato un momento in cui si poteva prendere tranquillamente Montella, che allora era all'Empoli, ma qualcuno disse no, preferendo tenere Flachi. Fu un errore poi relativo, perché anche Flachi ha fatto bene, ma Montella ha fatto meglio in termini di gol. Forse questo, sì, ma è qualcosa che non pregiudica la bontà del viaggio.

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