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La Repubblica
Come sottolinea La Repubblica, non era un segreto la “malattia” di Nicolò Fagioli. La conoscevano due compagni di squadra, che a credere alle chat nelle mani della polizia scommettevano con lui. La conoscevano alcuni suoi compagni di grande esperienza: agli atti ci sarebbero conversazioni tra Fagioli e Leonardo Bonucci sul tema scommesse. Ma nessuna prova che il difensore partecipasse alle puntate. Bonucci non era il solo, però. Sono in corso accertamenti su altri tesserati non calciatori che pure sembrerebbe conoscessero il vizio di Fagioli. Uno farebbe parte dello staff tecnico, certamente non si tratta dell’allenatore Massimiliano Allegri. Non era un segreto quella malattia nemmeno per gli allibratori, che hanno incassato in pochi mesi più di un milione di euro, dei quali trattenevano il cinquanta per cento. Visto il tenore delle conversazioni la polizia sta verificando se esistono gli estremi per contestare i reati di usura o estorsione: Fagioli era disperato per le cifre perse e chi lo spingeva nel burrone approfittava della sua disperazione. Ruota attorno a questi elementi l’indagine della procura di Torino che unisce nuovamente calcio e scommesse agitando il mondo del pallone italiano e i suoi protagonisti. Fagioli è il nome da cui lo tsunami ha avuto origine, e il suo telefono continua a parlare. Rivelando i rapporti all’interno dello spogliatoio, svelando chi sapeva e ha taciuto. E adesso trema. Sì, perché parallelamente all’indagine torinese marcia quella sportiva della Federcalcio. E per il codice di giustizia sportiva chiunque venga a sapere di un giocatore o una società che abbia scommesso o stia per farlo, ha l’obbligo di informare “senza indugio”, specifica il codice, la procura federale. Per chi non lo fa, la sanzione è pesante: non meno di sei mesi di squalifica. Insomma, l’omertà che spesso regna negli spogliatoi e tra compagni, può costare caro, in un caso come questo. Ma se i protagonisti faticano a esporsi e preferiscono tacere, le chat continuano a essere rivelatrici. Da quegli scambi di messaggi emergerebbero i nomi di altri due giocatori della Juventus, giovani e stranieri. E i dialoghi con Zaniolo e Tonali: che giocassero a siti illegali è certo, meno che si limitassero a casinò online, poker e blackjack. Nelle conversazioni la polizia ritiene di aver trovato elementi che lasciano pensare agli inquirenti che anche i due azzurri partecipassero alle puntate sul calcio. In attesa che siano i loro dispositivi, sequestrati giovedì a Coverciano, a parlare e a fornire elementi definitivi. Ci vorrà del tempo per completare l’esito degli accertamenti sui dispositivi mobili dei due, che restano indagati per esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa. Nel dossier del procuratore federale Giuseppe Chinè, a oggi i nomi di Fagioli e Tonali sono gli unici presenti. E il 22enne della Juventus ha già parlato. Chiaro che l’obiettivo sia patteggiare una pena più lieve dei 3 anni di minimo edittale previsti dal codice. Un patteggiamento prima del deferimento, infatti, permetterebbe di ottenere una pena dimezzata, quindi 18 mesi. Sperando in attenuanti per ridurla ulteriormente.
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