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Galloppa/2: “Italiano? Lo ammiro. Comuzzo ha la mentalità di uno più grande”

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La seconda parte dell'intervista di Daniele Galloppa, questa volta più incentrata sul proprio futuro da allenatore e la Fiorentina
Redazione VN

Seconda parte dell'intervista di La Repubblica al tecnico della Fiorentina Primavera Daniele Galloppa. Ecco alcune sue dichiarazioni:

Lei è disposto ad attendere il talento? Lo aspetterei tutta la vita. Come ho fatto con Jonas Harder (centrocampista classe 2005). In U16 non giocava: pesava 10 kg bagnato. Ho chiesto di attenderlo perché vedeva prima la giocata, capiva subito cosa fare e tecnicamente è straordinario. Ha fatto il ritiro in prima squadra, si è strutturato, adesso gioca in nazionale di categoria. Ma cosa conta a questo livello: fisico o tecnica? Il talento è troppo importante. Purtroppo l'aspetto fisico sta prendendo piede, con l’intensità di questo calcio. Però guarderei altro, specie nelle scuole calcio. Come fa la Fiorentina. Si fa troppa tattica nei settori giovanili? Si. In Primavera è normale assicurare aspetti di questo tipo ma nelle altre categorie lavorerei soltanto sui principi senza studiare l’avversario. A Roma basavamo tutto sulla tecnica di base, su smarcamento e tiro in porta, attacco contro difesa. Il resto ha poco senso. Lei vorrebbe allenare una prima squadra? Certo. Penso a Daniele ma anche a Palladino, Gilardino, Aquilani. Li conosco tutti, ci ho giocato insieme. Allenatori giovani e molto preparati per il calcio di adesso. Parla con Italiano? Ho un buon rapporto con Vincenzo. Nell’ultimo periodo chiama spesso i nostri ragazzi e sono felice. Mi ha scritto quando abbiamo vinto la Coppa Italia e io quando lui ha raggiunto la finale di Conference. Lo ammiro. Come è lavorare al Viola Park? Se penso a dove ci allenavamo prima, quasi non ci credo. Il livello si è alzato tantissimo. E’ un posto incredibile. Dobbiamo ringraziare il presidente Commisso per questo. Una persona unica. Mi chiama spesso, parla con tutti, dal cuoco al magazziniere. Così come faceva Barone, ci manca molto. Come si reagisce a quattro operazioni alle ginocchia? E’ stata davvero dura, la vita mi ha insegnato tanto. Dopo la terza lesione al crociato ho avuto un tracollo mentale che mi ha portato a non svegliarmi più felice. Sono andato giù di testa. Andavo ad allenarmi a Modena, dopo dieci anni ai massimi livelli e la gente mi prendeva per pazzo. Ma avevo le bombe in testa e ho continuato fino ai 30 anni. Poi dopo l’ultimo infortunio ho pensato ad allenare. Prima ero il secondo di Karel Zeman, il figlio di Zdenek. Poi la chiamata della Fiorentina in pieno Covid. Quattro anni che sono qui, esperienza bellissima. Cosa vorrebbe dire a un ragazzino che sogna di arrivare in alto? Di non avere rimpianti per non averci provato fino in fondo. A volte si spreca il proprio talento e mi fa rabbia. L’esempio è Comuzzo, adesso in prima squadra: ha la mentalità di uno più grande. Ai ragazzi dico: sfruttate ogni giorno per inseguire il vostro sogno. Non sprecatelo.


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