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Repubblica

Passato, fede e una serenità ritrovata: da dove nasce l’attitudine di Kean?

Redazione VN
Dalla famiglia, agli hobby extra-campo: cosa ha reso Moise Kean un attaccante con una tale fame di gol?

Credi sempre in te stesso perché nessuno lo farà per te. Il mantra di Moise Kean non è soltanto una bella frase buttata lì, ma un codice. Inseguire i propri sogni a tutti i costi lo ha portato lontano, già anche da piccolo dalla sua famiglia, sognando e sperando che il calcio fosse la giusta via.

La vita è fatta di scelte e bisogna fare quelle giuste. Glielo ripeteva sempre un suo grande amico d’infanzia che lo ha aiutato ad imboccare il sentiero più tortuoso, quello che portava ai sacrifici per poter sfondare nel mondo del pallone. Ed aveva ragione. Oggi Kean è un ragazzo felice che torna a casa da ogni allenamento con il sorriso stampato in faccia. Ed ecco che il buio che ogni tanto ha fatto capolino nella vita del giovane atleta, viene spazzato via con la forza che imprime lui stesso al pallone quando calcia.

Dai giardini di Vercelli all’oratorio, passando per il convitto della Juve e le partitelle giocate per la strada, nessuno gli ha regalato mai niente. Ad accompagnarlo la fede in Dio e l’amore per quella madre che ogni tanto si preoccupava un po' troppo. La notte, lei lavorava  in ospedale mentre Moise non poteva che star con gli amici e giocare a calcio. Scavalcando un cancello e sfidandosi in notturna, perché al pallone che rotola non si può dire di no.

Moise è molto fiero delle sue origini: nato in Italia da mamma ivoriana, nel periodo del Mondiale in Qatar del 2022 si è recato con la madre e la famiglia proprio in Costa d’Avorio dove ha partecipato anche ad iniziative di beneficenza portando materiale sportivo ai bambini del posto ed offrendo donazioni. Il secondo binario della sua vita oltre al calcio è quello della musica. Passione nata fin da piccolo quando, a 13 anni, finiva le partitelle di calcio e si fermava in strada dove c’erano ragazzini che facevano freestyle e battle rap. La musica gli è entrata dentro soprattutto in quanto mezzo per dimostrare, con le giuste parole, quanto veramente valesse.


Affetti e musica. Tanto da chiamare il figlio Marley, nome poi che si è tatuato sulla pelle. Da piccolo ascoltava continuamente la cassetta con la musica di Bob Marley la cui storia per molti aspetti lo ha ispirato. I social sono un passatempo serale e non certo un’ossessione, mentre la battaglia al razzismo è vissuta in prima linea.

Tornando al calcio, il presente si chiama Fiorentina una squadra scelta con grandissima attenzione insieme al suo entourage guidati da un concetto. Essere centrali. E così è stato con allenatore (Palladino) e dirigenti che hanno fatto all-in su Moise designandolo centravanti titolare e figura chiave del proprio attacco. Fiducia decisamente ben riposta visti i risultati. 11 gol nelle 14 gare giocate dai viola, ben sei centri nelle ultime tre di campionato con Roma, Torino e Verona (col Genoa non ha giocato). Chi lo conosce bene racconta di un ragazzo riservato che ancora non sta vivendo molto la città, preferendo una vita tranquilla tutto casa (vive nella zona tra il centro e lo stadio) e Viola Park. Ma quando incontra la gente, l’affetto che percepisce lo fa stare davvero bene ed è veramente quello ciò che cercava da parecchio tempo. Lo riporta La Repubblica.