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Alessandro Potenza, ex giocatore viola e compagno di squadra di Palladino al Genoa, ospite nel programma A Pranzo col Pentasport di Radio Bruno, così, proprio su Palladino, Italiano e il futuro del mondo viola:

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Alessandro Potenza, ex giocatore viola e compagno di squadra di Palladino al Genoa, ospite nel programma A Pranzo col Pentasport di Radio Bruno, così, proprio su Palladino, Italiano e il futuro del mondo viola:
La finale? La sconfitta è stata molto difficile da accettare. Io sono anche personalmente molto legato alla Fiorentina. Nel giorno della finale sono andato in un 'Viola Club' a Roma per assistere alla partita. Mi piace guardare sempre il bicchiere mezzo pieno, oggi la Fiorentina ha un nome in Europa. Palladino? Ha la giusta 'garra' per stare in una piazza come quella di Firenze. E' una scelta importante e coraggiosa. I 2 anni a Monza sono la dimostrazione del suo carattere. Sarri? Avrebbe portato la squadra ad essere subito importante, soprattutto sul mercato. Palladino è una scelta coerente con le scelte e le politiche della società. Fiorentina, Atalanta e Lecce sono piazze con i conti ed equilibri finanziari a posto. Oggi, sono d'accordo con Commisso, sul fatto che le politiche finanziarie della Serie A hanno molte lacune. C'è tanto da migliorare a riguardo. Come progredire dal post-Italiano? Non saprei dargli una vera e propria identità. Ha alternato grade calcio a momenti di forte flessione, ma va ringraziato per gli anni a Firenze. Questione di sfortuna? In parte si. Ma nel calcio la fortuna devi cercatela. Difesa a 3? Cambierebbe tanto soprattutto il mercato. Oggi la Serie A, rispetto a prima, è più fisica che qualitativa. Il calcio di oggi richiede quello. Il 3-4-2-1 permetterebbe agli attuali 'terzini' della Fiorentina di alzare il livello. Meno attenzioni difensive e più libertà offensiva. Gli esterni da attacco, oggi non ci sono ruoli predefiniti. Ci si può anche adattare al nuovo 'trequartista' di Palladino. Retegui? Lo vedrei bene alla Fiorentina. Conta soprattutto l'identità che l'annotare da alla squadra. E' quella che rende gli attaccanti 'immarcabili' e gli esterni imprevedibili. Basta considerare il rendimento di Vlahovic a Firenze rispetto a quello di oggi a Torino. Morata? Magari. E' un attaccante puro, di movimento e duttile. Diventa un tutt'uno con tutto il reparto d'attacco. Messo nel giusto contesto, fa la differenza.
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