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VIOLA NEWS news viola Un viola a Berlino “Questo non è un appello. È una sentenza d’amore.”

Il tifoso in esilio

Un viola a Berlino “Questo non è un appello. È una sentenza d’amore.”

Un viola a Berlino “Questo non è un appello. È una sentenza d’amore.” - immagine 1
Una bella lettera d'amore per la nostra Fiorentina da parte di chi vive lontano, ma porta sempre nel cuore l'amore per la nostra squadra
Redazione VN

Questa non è un appello. Non è una carezza, e non è neanche l’ennesima critica. Quello che segue è , per quanto possa permettermelo , una sentenza. Una riflessione severa, perché quando si ama davvero qualcosa, bisogna anche saperla guardare negli occhi.

Sono anni che non faccio più l’opinion leader come un tempo. Il cinema, il lavoro, un figlio… la vita cambia. Ma una cosa non è cambiata: la Fiorentina. E oggi, vedendola scivolare verso il fondo, con una città intera a rischio di depressione , vera, non metaforica , sento il dovere di parlare. Perché a Firenze il calcio non è passatempo: identità, radice, infanzia. È il bambino che vive dentro di noi. E quando si fa del male alla Fiorentina, si fa del male a quel bambino.

Le colpe non iniziano oggi. Le colpe stanno ab origine. E chi, come me e pochi altri, ha provato negli anni a denunciare con civiltà un’organizzazione precaria e sorda al carattere di Firenze, oggi vede soltanto l’inevitabile: questa società non ha saputo intercettare la nostra pulsione, la nostra vitalità, la nostra voglia di rivalsa. E così, in sei anni, abbiamo rischiato la B due volte. Il tutto mentre si avallavano contratti importanti , pluriennali a giocatori o allenatori infortunati, non all'altezza o mosse tecniche inadeguate a una città così fragile e traumatizzata dopo il biennio 2016-2018 e cosi intensa.

E lasciatemelo dire: La Fiorentina ma anche Firenze ha scartato allenatori del calibro di Sarri, Spalletti (?) e altri fior di dirigenti, come Ds esperti e grandi ex come Batistuta, ancora non per ragioni tecniche, ma per carisma. Perché la forza di personalità che avrebbe potuto essere una risorsa veniva percepita come minaccia. È un paradosso culturale di cui paghiamo il prezzo ancora oggi.

Nel frattempo, il dispositivo linguistico che ha avvelenato il confronto da entrambe le parti , è stato l’ad hominem: attaccare l’uomo invece dell’argomentazione. Un veleno sottile che ha confuso, diviso, distolto l’attenzione dai problemi reali.

E mentre tutto precipitava, abbiamo visto anche pseudo-comici da social , (non faccio nomi, non lo meritano )alimentare un clima di falsa ironia e indignazione prefabbricata. Ora c’è poco da ridere e ancora meno da lacrimare per finta: a questo gioco non credo più. E chiedo, per il bene comune, che nessuno ci cada più in futuro.

In questo teatro dell’assurdo, il risultato è stato che tutte le componenti , società, tifosi, stampa, curva , che deve smetterla di sentirsi unica voce di un tifo ben piu ampio, (che per pudore o timore non si pronuncia più,) sono esplose, ma tardi, in maniera furiosa e disordinata.Quindi anche noi possiamo e dobbiamo cambiare mentalitá.e non scaricare sempre e solo a chi prende in gestione la società. Prendiamoci Le nostre responsabilità,io per primo che scrivo, altrimenti vivremo un eterno ritorno e ci auto assolveremo in eterno dando il cattivo esempio ai nostri figli. Smettiamola di essere in trincea perenne contro il mondo, dato che crea solo stress cronico e 8 posti se ci va bene.Non é colpa di Igor se non abbiamo vinto una coppa. E nemmeno di Italiano, che il sottoscritto non ha mai amato. Un Esplosione ritardata è peggio del silenzio. Genera vettori tossici, correnti emotive che soffocano tutto e rendono ancora più difficile per chi deve entrare in campo respirare, pensare, reagire.

E sia chiaro: anche i giocatori hanno responsabilità. La paura è umana, nessuno lo nega. Ma non si può perdere l’amor proprio. A Firenze puoi sbagliare tutto, ma non puoi rinunciare a te stesso. Questo, sì, è imperdonabile.

In mezzo a tutto questo , qualcuno ha portato luce. Cesare Prandelli. Due volte, forse anche tre, ci ha salvato. Non perdiamo la memoria. Grazie al passato possiamo costruire un futuro migliore. Spero che lui come altri grandi nomi possano essere inseriti o reinseriti e che questa ovvietà sia condivisa. Non mi arrenderò mai nel ribadirlo. Ad averla avuta 10-20 anni fa una serie A cosí medicore avremmo avuto ancora piu soddisfazioni.Qua non servono ossessioni, ma gioia di competere ad alti livelli puntando a obiettivi chiari e duraturi.

Io, da Berlino, nel frattempo ho rimesso in piedi un Viola Club che non esisteva più. L’ho fatto conoscere in una città dove nessuno aveva mai visto colori viola. Non per vanto: per amore. Un amore che, da lontano, può diventare rifugio o prigione.

Ma oggi non c’è più tempo per pensare. Oggi è tempo di rimettere ordine. Di rieducarci alla luce, alla bellezza possibile, alla felicità minima che ancora esiste. Flebile. Ma c’è. E come diceva un grande regista: basta una candela, portata insieme, fino in fondo al corridoio. Una candela non brucia, non acceca, non distrugge. Illumina. E non teme il buio.

Il resto , cambio società, campo, rinascita verrà dopo. E verrà quando Firenze tornerà a guardarsi come ciò che è sempre stata: una comunità viola che non vuole arrendersi. Perché la Fiorentina non è una squadra. È un’eredità. E noi ne siamo i custodi. Ovunque. Anche a Berlino.

Se tutto attorno a noi è fragile non significa che lo siamo anche noi.