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FLORENCE, ITALY - OCTOBER 5: Moise Kean of ACF Fiorentina shows his dejection during the Serie A match between ACF Fiorentina and AS Roma at Artemio Franchi on October 5, 2025 in Florence, Italy. (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)
C’è una netta doppia velocità nell’attacco della Fiorentina: i protagonisti (Kean, Gudmundsson e Dzeko) brillano e trovano continuità quando vestono la maglia delle loro Nazionali, mentre a Bagno a Ripoli diventano prevedibili e poco incisivi. Esempi recenti non mancano — la doppietta di Gudmundsson con l’Islanda, il gol immediato di Kean a Tallinn prima dell’infortunio e le prestazioni concrete e fredde di Dzeko con la Bosnia — che fanno emergere il paradosso tra rendimento fuori e dentro Firenze.
I numeri lo certificano in modo piuttosto netto: sommando solo i minuti giocati da agosto a oggi da quei tre sia con la Fiorentina che con le Nazionali, in viola hanno segnato complessivamente 3 gol, mentre con le rispettive selezioni il totale sale a 10 — più del triplo. Le medie-reti accentuano il contrasto: Kean segna in A con una media di un gol ogni 584' ma con l’Italia ogni 45' (4 gol in 178'), Gudmundsson segna in Nazionale ogni 53' (3 gol) contro 1 in 407' con la Fiorentina, e Dzeko ha fatto 3 gol in Bosnia con una media di un gol ogni 84' a fronte di una sola rete in 271' a Firenze.
Questi dati impongono una riflessione: il problema non è la qualità dei singoli interpreti, che a livello internazionale dimostrano di esserci, ma il contesto tecnico-tattico adottato dalla squadra quando giocano assieme. In sintesi, il malfunzionamento dell’attacco va cercato nel sistema di gioco e negli equilibri proposti a Bagno a Ripoli — non negli attaccanti in sé. Lo scrive la Nazione.
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