In questo contesto, però il caso Gudmundsson resta emblematico.
Un utilizzo discutibile e lontano dalla zona calda
—L’investimento sul fantasista islandese era stato motivato dalla sua qualità tecnica, dalla capacità di saltare l’uomo, di inventare assist e segnare gol. Non per interpretare un ruolo da centrocampista arretrato, né per abbassarsi costantemente a prendere palla tra i piedi dei registi di ruolo. Un confronto tra la sua “heat map” attuale e quella della scorsa stagione al Genoa evidenzia una differenza netta: già con Gilardino tendeva talvolta a rientrare, ma l’attuale disposizione tattica lo porta sistematicamente lontano dalla trequarti offensiva. La zona rossa sulla trequarti sinistra, che un tempo rappresentava il suo raggio d’azione naturale, si è attenuata.
I numeri delle ultime cinque gare da titolare — contro Celje, Empoli, Cagliari e le due contro il Betis — confermano la tendenza. In 442 minuti, Gudmundsson ha tentato solo tre conclusioni, nessuna delle quali nella sfida di giovedì. Una media di un tiro ogni 147 minuti. Eppure, tutte e tre le conclusioni hanno centrato lo specchio. Dati che suggeriscono come l’attuale posizione in campo stia limitando l’apporto offensivo di un giocatore acquistato per fare la differenza in avanti.
Un controsenso tecnico e tattico
—Non è chiaro se la posizione arretrata sia frutto di indicazioni precise dello staff tecnico o di un’iniziativa personale del calciatore. In ogni caso, è evidente che serva un intervento da parte dell’allenatore. La presenza di tre costruttori di gioco a centrocampo — Fagioli, Adli e Cataldi — rende superflua l’aggiunta di un quarto elemento nella stessa zona. L’impressione è che Gudmundsson stia inconsapevolmente ripercorrendo il percorso di trequartisti trasformati in registi, come Pirlo o Pizarro. Ma in questo momento, alla Fiorentina serve altro.
Serve un Gudmundsson più presente negli ultimi trenta metri, capace di dialogare con Kean e incidere sulla trequarti, non uno che si perda nella costruzione bassa. Nella gara contro il Betis non ha servito nemmeno un pallone realmente pericoloso. Si tratta di un’anomalia tattica che rischia di vanificare l’investimento più significativo dell’ultimo mercato. E in una stagione ancora tutta da definire, la Fiorentina non può permettersi di rinunciare al suo talento offensivo più promettente.
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