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Società forte, risultati forti. Società debole, risultati deboli

Al di là di allenatori e giocatori, è il progetto tecnico complessivo che fa acqua

Stefano Fantoni

Lo ammetto: il titolo non è farina del mio sacco, ma deriva dalla chiosa finale dell'articolo di Enzo Bucchioni sull'edizione odierna de Il Tirreno [LEGGI QUI]. Il senso della frase, che si rifà ad una delle massime più famose di Luciano Spalletti ("Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli. Non c'è altra strada"), è molto semplice e immediato: se la Fiorentina non si dota di una struttura dirigenziale che sa di calcio, allora stagioni come quella attuale e come la precedente saranno la normalità nei prossimi anni.

Per far girare nel migliore dei modi una società serve decisamente qualcosa in più di quanto fatto dall'attuale proprietà e dirigenza di viale Fanti. La sensazione è che la luna di miele tra Commisso e la piazza si stia lentamente affievolendo, che il credito ottenuto appena arrivato a Firenze non sia più illimitato, ma anzi si stia progressivamente erodendo (anche se qualcuno, per orgoglio o per altri motivi, non lo ammetterà mai...). Serve un rilancio immediato, onde evitare capitoli successivi non all'altezza della presentazione.

Sul campo è lampante la mancanza di un progetto tecnico chiaro. Tre allenatori completamente diversi tra loro, decine di giocatori per formare due rose sempre incomplete e la certezza che la coperta sia sempre corta e di materiale non pregiato. Scelte che ricadono in capo all'area tecnica, guidata da Barone e Pradè, a loro volta scelti dal patron Commisso. Nel calcio vince chi sbaglia meno e i risultati ottenuti della Fiorentina dimostrano che gli errori sono all'ordine del giorno. Non è chiaro se manchino i mezzi o le competenze, forse entrambe, di sicuro c'è un preoccupante deficit di chiarezza e di linea gestionale. Cose che impari strada facendo, certo, ma scegliere figure adatte può accorciare i tempi e aiutare anche una proprietà neofita nel calcio italiano come quella viola.

L'auspicio è che la scossa derivata dalle dimissioni di Prandelli possa portare una riflessione interna senza sconti, per intraprendere un nuovo percorso. Con uomini di calcio che fanno scelte di calcio. Per ripartire con chiarezza verso orizzonti diversi dal vivacchiare e tribolare per mantenere la categoria.