"Quando sei piccolo è tutto un gioco, lo fai sempre, pensi solo a quello prima e dopo la scuola. Ruotava tutto attorno al pallone, a parte quando era inverno e faceva troppo freddo, non c'erano ancora campi coperti. Ricordo quegli anni con piacere. Non ho sempre fatto il portiere, a 6 anni ne ho provate altre per tre, ma a 9 anni ho deciso per la porta. Ero il migliore tra i miei compagni, poi in posizioni di movimento ero un po' pazzo, entravo sempre in modo pericoloso, stare in porta era meglio per tutti, davvero (ride, ndr). Poi col tempo ho un po' messo la testa a posto, rischiavo davvero di compromettere la mia carriera per via della rabbia, litigavo con l'arbitro, con l'allenatore, me la prendevo col palo. Mi sono anche rotto un paio di dita negli anni dell'Odense. Poi su input dei miei genitori mi sono rivolto ad un mental coach intorno ai 15 anni e tutto si è evoluto per il meglio. Ho anche imparato a non farmi prendere troppo dagli errori, che possono capitare e non te lo spieghi, ma c'è tutta la partita e poi quelle dopo per redimersi."
Il ruolo del portiere? "Devi essere il giocatore più completo: mani, piedi, forza mentale, coraggio. Guardate i migliori al mondo, non c'è qualcosa che non sappiano fare. Ederson, Alisson, Neuer. Mi piace anche Donnarumma, di lui apprezzo la mentalità. A 17 anni non sarei mai stato in grado di sostenere la pressione che aveva addosso."
All'estero da giovane? "Certo, è stato difficile, non puoi vedere la tua famiglia quando vuoi. Ho un buon rapporto con la famiglia, per me è stata la difficoltà maggiore separarmi per tanto tempo dal mio mondo. Ma è l'unico lato negativo. Ora sono un esperto, conosco tutti gli scali e le tratte con treni e mezzi alternativi."
Danimarca? "Non c'è niente di più responsabilizzante che rappresentare il tuo paese. Uno dei miei obiettivi è farlo con la prima squadra in futuro. Abbiamo avuto buoni risultati recentemente, anche una bella striscia di imbattibilità, per me sono esperienze inestimabili. Siamo una piccola nazione, un po' come la Croazia, ma alcuni giocatori raggiungono e brillano nelle grandi leghe. I miei preferiti? Ho tanti amici, non vorrei deluderli, ma allenarmi con Kasper Schmeichel è stato fantastico, mi piace vederlo giocare. Poi Bruun Larsen, Bah... Ho dei grandi amici."
Italia e Danimarca? "Direi che la prima differenza è il caldo estivo, da noi non si toccano mai certe temperature. Però ci sono posti incredibili, adoro visitare il vostro paese. Le Cinque Terre, Lucca... Poi le persone sono differenti, brillanti, attive, socievoli. Non fraintendetemi, ci divertiamo anche in Danimarca, ma siamo più introversi, non attiriamo molto l'attenzione. Mi piace questo dell'Italia."
La Fiorentina? "È un club molto conosciuto in Danimarca. Jorgensen, Kroldrup, ma non solo i grandi danesi del passato, la dimensione viola all'estero è notevole e non so se ve ne rendete conto del tutto. La città non è grandissima, ma tutti ti sostengono e ti seguono, è una bella sensazione. A Berlino è diverso, la città è così grande che anche giocando nell'Hertha rischi di passare inosservato."
Viola Park? "Fantastico. Con i preparatori parlo italiano, quando non capisco chiedo di passare all'inglese. Invece con i difensori ci capiamo, ho imparato subito le parole più immediate ed importanti. Destra, sinistra, avanti, indietro... Bisogna indicare la posizione il più velocemente possibile. È più facile, ovviamente c'è da migliorare da parte mia. L'inglese lo posso parlare con Commisso e Barone, hanno fatto un gran lavoro con tutto quel che riguarda le infrastrutture. Ovviamente questo centro sportivo è il migliore che abbia mai visto, è completo."
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