Una Fiorentina irriconoscibile
—Quali sono state le qualità della Fiorentina in questi tre anni? Aggressività, personalità, capacità di far girare il gioco velocemente da destra a sinistra e viceversa, movimento senza palla, spinta sulle fasce. Non s’è visto niente di tutto questo, soltanto qualche abbozzo, qualche tentativo, qualche occasione di gol sporcata nei momenti decisivi. E’ vero che nelle finali succede, è vero che le finali ti paralizzano, ma era forte la sensazione che le due sconfitte precedenti avessero irrobustito questa squadra, le paure e i condizionamenti fossero stati superati. C’eravamo sbagliati. All’inizio è andata meglio, la gara sembrava in controllo se non proprio in mano, poi sono bastate un paio di occasioni mancate (da Bonaventura soprattutto) unite alle difficoltà nel far girare la manovra, per far entrare ansia e paura addosso ai viola. Con il passare dei minuti non trovando spazi e il filo del gioco, la Fiorentina è entrata dentro una nebbia, ha perso lucidità e idee, alla ricerca di qualcosa che non ha mai trovato. Alla ricerca di sè stessa.
I leader dov’erano?
—Ricerca impossibile perchè i giocatori migliori come Nico e Arthur si sono nascosti, hanno dato un apporto quasi nullo, perchè anche Bonaventura non è mai sembrato lucido, l’esperienza di Belotti non s’è vista e pure il capitano Biraghi, di solito l’ultimo a mollare, non ha saputo tenere in piedi la baracca caratterialmente. La Fiorentina s’è scoperta nuda senza il suo gioco e senza i leader che potessero scuoterla. L’orologio è stato un alleato implacabile dell’ansia e della paura di perdere. Più passava il tempo più la Fiorentin giocava senza convinzione. E nello sport quando hai paura di perdere è la volta che perdi davvero.
E’ andata così, c’è stato quasi un blocco psicologico che ha fatto perdere coraggio, sfrontatezza e gioco. E la Fiorentina se non riesce a giocare, a imporsi, a dominare la manovra, non ha risorse individuali capaci di farti vincere la partita.
La difesa c’è, l’attaccante no
—A questo uniamo il difetto cronico dell’attaccante che non c’è. Purtroppo gli ultimi quattro arrivati a Firenze nel dopo Vlahovic sono stati dei flop, hanno portato pochissimo in termini di gol e di gioco.
Se ieri sera davanti ci fosse stato un attaccante che la butta dentro, che fa il suo mestiere, nel primo tempo la Fiorentina sicuramente sarebbe andata in vantaggio, qualche occasione buona l’ha avuta. E probabilmente sarebbe cambiata la partita, avrebbe costretto l’Olympiacos a giocare e non soltanto a pensare di non far giocare la Fiorentina.
In una serata da insufficienza piena per quasi tutti, per fortuna abbiamo riscoperto un Milenkovic dei bei tempi, un Terracciano sempre più affidabile e un Dodò da grande platea. Poca roba, purtroppo.
E così salta tutto, dal regalo di fine ciclo, alla dedica per Joe Barone. E’ un finale tristissimo, sinceramente il ritorno con il Brugge (campione belga) ci aveva fatto vedere una squadra matura, con grande personalità, c’erano sensazioni positive. La finale ha paralizzato tutte le certezze. Di sicuro trattasi di un problema mentale, di personalità. Senza rabbia, senza grinta, senza coraggio non puoi essere la Fiorentina e infatti ieri sera non lo è stata.
La delusione vera credo stia proprio qui, la Viola ha perso contro una squadra palesemente meno tecnica, meno brava e quindi battibile. Regalando poi anche il gol per una ingenuità che a certi livelli non è concessa, non si possono perdere marcature e concentrazione per protestare per un fallo su Milenkovic che l’arbitro non aveva nessuna intenzione di fischiare. Il gol è nato così, gentilmente concesso.
E adesso?
—La lucidità impone di non buttare via tutto. Le tre finali, le sei semifinali, la crescita e la cultura calcistica di questa squadra dimostrate nelle 161 partite giocate in tre anni (alla fine saranno 162), restano delle basi e un patrimonio sul quale appoggiarsi per ripartire. Come era facilmente preventivabile, quelli che per qualche settimana sono stati zitti o hanno cercato di riposizionarsi temendo che una vittoria li seppellisse, non hanno neppure aspettato il fischio finale per tirare bombe calcistiche contro tutti, ma in particolare sull’allenatore e sulla società. Spero che la pancia del tifo, sicuramente scontenta e lo capisco, riesca ancora a isolare questi che sono virus malefici, dannosi per la Fiorentina. Posizioni ben note, personalismi, voglia di rivincite, ricerca di vendetta, mettiamole da parte.
Passata la grande delusione e non sarà facile, la serenità di chi ama davvero la Fiorentina deve portare a una analisi seria su quello che ha funzionato e su quello che non funziona, sulle necessità, sulle cose da fare, passando poi a richieste per interventi mirati adatti a far ripartire immediatamente un lavoro che non può essere interrotto da queste delusioni.
Dispiace. Dispiace anche per Italiano che avrebbe meritato un trofeo d’addio. Chissà su cosa l’attaccheranno oggi visto che la fase difensiva ha funzionato? Ranieri non è stato lucidissimo, ma è entrato perchè Biraghi non stava più in piedi. E Milenkovic era a protestare con l’arbitro.
Io non avrei messo Barak, ma Beltran. Non avrei tolto Kouamè per un Ikonè imbarazzante da tempo, ma le sue scelte sono comunque calcisticamente logiche. I subentrati purtroppo hanno fatto uguale o peggio dei titolari e non è la prima volta. Questa è un’altra riflessione da fare.
Tanti addii per cambiare faccia
—E adesso? Ripeto. Italiano se ne andrà, il nuovo allenatore dovrà dire chiaramente alla società quali sono i giocatori da tenere, ma credo che questo fine ciclo imponga cambiamenti non banali.
Ne parleremo a freddo ma fra prestiti che tornano alla base (Belotti, Arthur e non solo) e tanta gente a fine contratto, gli addii saranno numerosi. Lo dico a malincuore, ma in una rifondazione farei fatica a tenere anche uno come Bonaventura, grande persona e grande qualità in campo, ma negli ultimi mesi l’ho visto in salita e quando arrivano i segnali dell’età vanno colti. E pure Nico non lo vedo intoccabile a patto che arrivino le risorse in grado di farti andare poi a reinvestire su profili pronti. Tema delicato, il giocatore è chiaramente il migliore, ma qualcosa gli manca.
Ma tutto dovrà ovviamente ruotare attorno all’allenatore, se sarà davvero Palladino o se alla fine si virerà su un altro poco importa. E al nuovo direttore sportivo (Goretti, ci siamo?) il lavoro di sicuro non mancherà, la squadra va ricostruita.
Spero che Rocco Commisso non si faccia condizionare da questa maledizione delle finali, ma non lo farà. Se vuole far crescere ancora la Fiorentina la strada è tracciata, le possibilità ci sono e mi dicono che in società le idee sono chiare. Vedremo.
Ripartire tra silenzio e riflessioni
—Da situazioni così, con una proprietà forte come questa, se ne esce migliori se si ammettono gli errori (e ci sono stati, anche nel mercato di gennaio), se si individuano e si risolvono i problemi e si riparte con tutta l’energia di Rocco. Non penso che il presidente non sappia che il calcio è anche questo, spietato e implacabile, dove non sempre vincono i più bravi e non sempre sei ripagato per quello che fai.
Ora è il momento del silenzio e delle riflessioni, poi non sarebbe male un bel dialogo con la parte sana del Mondo Viola per dare concretezza al futuro e far evaporare i dubbi anche sulle voci di cessione che in città sono alimentate tutti i giorni e a tutti i livelli.
Tre anni fa si parlava di salvezza, oggi mi sembra un’altra storia e anche davanti a una notte da buttare, la memoria deve restare accesa. Credo che per onestà sportiva, a questo allenatore e a questo gruppo vada detto che hanno fatto un buon lavoro.
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