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La notte e la rivincita di Barone. E ora Atene, ultimo capitolo viola di Italiano

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La Fiorentina ha conquistato una finale ampiamente meritata: in Europa non ha mai perso una partita. Ma anche questo sembra scontato e invece scontato non è
Enzo Bucchioni Editorialista 

Il pensiero corre a Joe Barone, questa è anche la sua notte. E la sua rivincita. Il pensiero corre a quella mattina del sedici di marzo quando lui e Italiano si incontrarono al Viola Park per abbracciarsi e dirsi addio. “E’ la fine di un ciclo, ma lo vogliamo chiudere vincendo qualcosa. Facciamo un grande regalo a Rocco”, si sono detti più o meno così l’allenatore e il direttore generale viola. Ora quel regalo che sembrava impossibile è a portata di mano, il 29 maggio ad Atene la Fiorentina riproverà ad alzare una coppa per dedicarla a Rocco, ai tifosi, a Italiano, a sé stessa e anche a Joe Barone. Alla memoria di Joe Barone, purtroppo.

C’è tanto cuore, ci sono tanti valori umani e calcistici dentro questa finale che la Fiorentina tocca per la seconda volta consecutiva. Due finali in Europa, una dietro l’altra, non succedeva dal 1962, una vita fa. E’ la storia di una squadra che da tre anni vuole superare se stessa, prova sempre ad alzare l’asticella, ogni volta si rimette in gioco con fatica e sacrificio. E’ la storia di un gruppo e del suo allenatore che per tutti questi ragazzi è diventato la guida, il punto di riferimento, il profeta. Lo hanno seguito fin dal primo giorno, convinti che le sue idee, il suo calcio, la sua cultura del lavoro, l’ossessione per la perfezione, avrebbero portato lontano. E lontano sono tre finali e sei semifinali in due anni, quasi 120 partite giocate, un ciclo che resterà comunque nella storia della Fiorentina.


Nessuno oggi ricorda l’inizio difficile con il Twente, il ritorno titubante in Europa, da quell’agosto del 2022 non sono ancora passati due anni eppure la Fiorentina è un’altra squadra. Contro il Brugge ha giocato un secondo tempo con una personalità e una intensità difficili da vedere in una squadra italiana in Europa. Nonostante le assenze, Bonaventura in primis, nonostante le difficoltà e l’usura, nonostante gli errori, non parliamo ovviamente di una squadra perfetta, questa Fiorentina non molla mai. E’ supportata da una grande ambizione e dalla sua personalità, sa che quando si gioca al calcio per vincere i risultati prima o poi arrivano.

Qualcuno dirà che non s’è ancora vinto niente, mi sembra di sentirli i Soliti Noti che in questi anni hanno cercato di avvelenare i pozzi di Italiano e hanno messo in giro per Firenze via etere e non solo, il venticello della zizzania e dello scetticismo. Anche della calunnia. Per me invece s’è già vinto perché se una squadra cresce, si migliora, va oltre i suoi limiti e il suo valore, fa quello che ha fatto la Fiorentina in questi due anni, è comunque una vittoria. Ovvio che la Coppa in bacheca sarebbe il completamento massimo di un percorso e di una crescita, ovvio che nessuno si accontenta di quello che ha fatto fino ad oggi, Italiano in testa, ma quello che s’è costruito resta un grande valore da apprezzare e da applaudire.

Vi ho sempre scritto, oggi sarebbe facile, che i primi a rimpiangere Italiano saranno quelli che lo hanno massacrato fino all’intervallo della gara di ieri sera con il Brugge. Infatti i Calcioti stanno già cercando disperatamente di recuperare, ora lo esaltano, ma oggi è facile ritrovare nel web le cazzate e le offese sparate a raffica che hanno condizionato e acceso anche il giudizio dei tifosi. Mi verrebbe voglia di ignorare tutto questo sottobosco, ma non ce la faccio perché senza questo veleno mediatico, remando tutti nella stessa direzione, probabilmente saremmo qui a salutare una Fiorentina ancora più bella e più vincente. Sicuramente più compatta.

Comunque godiamocela questa squadra che ha messo in campo a Bruges una prestazione di alto livello dentro una maledizione che sembrava poter condizionare tutto e tutti. Tre pali (e siamo a 24 in stagione), tante occasioni, un dominio costante: sembrava inutile. Poi il rigore, dopo averne sbagliati cinque in stagione, il peggior finale di una brutta storia. E invece questa volta il coraggioso Beltran ha segnato e la Fiorentina ha conquistato una finale ampiamente meritata: in Europa non ha mai perso una partita. Ma anche questo sembra scontato e invece scontato non è.

Dalla notte di Bruges resta la sensazione già avuta all’andata di una squadra esperta e matura che sa interpretare molto meglio i momenti delle gare. Restano un grande Dodò, tornato ai suoi livelli e quanto è mancato, un concentrato Kouamè, un Terracciano che s’è riscatto nel finale, perfino uno Nzola che per la seconda volta diventa determinante procurandosi il rigore, ma anche Beltran più efficace, Mandragora solido. Il gol evitabile è stato preso anche ieri sera, ma quando il buono supera di parecchio il cattivo i conti tornano. Del resto, lo ripeto, non stiamo parlando di una squadra perfetta, ma di una squadra che ha raggiunto alti livelli anche con le sue imperfezioni. A proposito di Nzola, ora i Calcioti che fino a cinque giorni fa lo avrebbero bruciato in piazza Savonarola, lo propongono titolare al posto di Belotti. Credo che per questi Calcioti il credito sia finito da un pezzo, la credibilità mai esistita.

Ma torniamo alla positività che è meglio, al centro di tutto continuo a mettere l’allenatore che ha fatto cambi giusti (anche Duncan è entrato benissimo) e coraggiosi, togliendo appunto Belotti per Nzola. Italiano è cresciuto tanto in questi tre anni viola. Era un allenatore di talento, ma acerbo. L’esperienza europea l’ha affinato. Non cambia le sue idee, ma ha cambiato spesso modo di interpretare i momenti delle gare e le gare stesse. Ora resta l’ultimo capitolo della sua storia viola, venti giorni per scriverlo sono tanti, ma anche pochi. L’esperienza dell’anno corso lo aiuterà di sicuro.

Il pensiero corre, ma lo tengo a bada. Penso però anche alla soddisfazione di Rocco, a tutto quello che hanno detto e scritto. Ne dice tante anche lui, ne ha dette anche a me, è vero, a volte anche per primo, non sta certo a prenderle, ma un presidente che in cinque anni ha portato la Fiorentina a giocare tre finali e sei semifinali, che ha costruito una roba come il Viola Park, fatico a non metterlo nella casella dei buoni. Aspettando Atene, ovviamente. Ma c’è pure il campionato con quattro gare da giocare compreso il recupero con l’Atalanta. L’Europa sembra lontana, ma può essere ancora raggiungibile ora che per due settimane le rotazioni diventeranno meno pressanti. Lo scontro diretto con il Napoli al Franchi potrebbe essere determinante per l’ottavo e la Fiorentina non mollerà nulla.

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