La nuova capitana della Fiorentina femminile, Emma Severini, si racconta a Violanews tra orgoglio, responsabilità e ambizioni. Dalla fascia al braccio al sogno azzurro, passando per le difficoltà dopo l’Europeo e il paragone con Mandragora, Severini parla con la maturità di una leader: “Il calcio è fatto così, a volte sei dieci e a volte zero. L’importante è rialzarsi e continuare a crescere”. Ed è proprio di una nuova leader che il tecnico Pablo Pinones-Arce aveva bisogno: ha conosciuto il gruppo, ha parlato con ognuna delle calciatrici e alla fine, desideroso di imprimere una nuova svolta, ha scelto proprio Emma, cresciuta nelle giovanili del club.

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Severini: “Capisco Mandragora, o sei 10 o sei 0. Il maschilismo si cambia così”
Emma Severini capitana della Fiorentina, che effetto fa?
—E' un qualcosa che non immaginavo. Ho sempre tifato la Fiorentina, ricoprire questo ruolo e vestire questa maglia è questione di grande onore.
La Fiorentina è ormai la tua famiglia, quanto è stimolante lavorare in un club che punta tanto anche sul femminile? Il padiglione al Viola Park ne è una dimostrazione..
—Quando Alia Guagni ha detto che il Viola Park è il posto ideale per essere professioniste, ha detto la verità. Qui puoi davvero usufruire di tutto ciò che ti circonda. È bello vedere quanto la Fiorentina creda nel femminile, e non solo a parole: il nostro padiglione ne è la prova. Lavoriamo in un centro sportivo che poche squadre hanno, e questo deve spingerci a riportare la Fiorentina dove merita. Diciamo che allenarsi con vista Duomo non è da tutti (ride, ndr).
Facciamo un tuffo nel passato: hai iniziato nel Ramini, poi alla Pistoiese, sempre in contesti maschili. Quanto è difficile per una ragazza emergere in quell’ambiente?
—Credo che noi donne siamo più predisposte ad adattarci, anche in contesti non perfetti per noi. Quando sei bambina e giochi solo con i ragazzi, ti manca qualcosa a livello sociale, ma riesci comunque a creare legami forti; io alcuni me li porto dietro ancora oggi. Mi è mancato un po’ il “mood spogliatoio”, però è stato un passaggio fondamentale. Giocare con i maschi mi ha aiutata molto sia fisicamente che tecnicamente. È un calcio diverso: nello spogliatoio e in campo le richieste sono più dure, ma è giusto così. Anche noi vogliamo essere trattate allo stesso modo.
E' vero che nasci difensore?
—Si, però da piccoli nasciamo tutti in ruoli un po' particolari. Ho iniziato difensore ma spesso riportavo del malumore nel ricoprire quel ruolo. Volevo essere quel giocatore fondamentale in entrambe le fasi di gioco, sentivo di poter ricoprire quel ruolo. Piano piano mi sono presa ciò che desideravo.
Che impressione ti ha fatto Pinones Arce?
—Ha una filosofia di lavoro completamente diversa da quelle che avevo vissuto prima. Porta una mentalità e un’attenzione ai dettagli tipiche di chi viene dall’estero. Cura la gestione del gruppo ma anche l’intensità sul campo. Con lui è difficile “staccare la spina”, ma è proprio questo che serve nel calcio.
Si percepisce la sua impronta sul gioco?
—Sì, tanto. Dall’anno scorso è cambiato molto, anche perché sono arrivate tante nuove giocatrici. È normale un periodo di adattamento, ma stiamo assimilando ciò che ci chiede il mister.
Com'è lo spogliatoio?
—Siamo un buon gruppo, parliamo e ci confrontiamo molto. Tutte le ragazze sono disponibili a parlare ed ad ascoltare, e nel calcio la Comunicazione è importante.
Tra le nuove arrivate spicca Lina Hurtig. Quanto conta avere una giocatrice così esperta?
—Fa un certo effetto, perché è un nome importante ma è anche una persona molto dolce. E' molto importante per noi avere in squadra una persona di questo calibro. Oltre alla calciatrice, tutto ciò che ha vissuto. Alla fine il calciatore non lo fa solo il campo ma anche tutto quello che vivi, e lei ci porta molto. Spero che rientri i prima possibile.
Siete ancora in fase di costruzione e pronte a competere con le prime della classe?
—Credo che la Fiorentina stia progetta un qualcosa per riuscire a vincere già da qualche anno. Nel calcio ti dai degli obiettivi ma poi ci sono tante cose che possono cambiare. Il nostro obiettivo oggi è vincere. Contro l'Inter potevamo e dovevamo vincere, dobbiamo acquisire più maturità ma siamo una squadra strutturata per vincere.
Dove migliorare lo hai appena detto, ma i punti fermi dai quali ripartire?
—Direi proprio dalla gara con l’Inter. In campo avevamo la sensazione di controllare la partita, anche se potevamo fare meglio. Conosciamo le nostre qualità e vogliamo valorizzarle prima di tutto.
Ieri è arrivata la convocazione in Nazionale, che significato ha per te vestire la maglia dell'Italia?
—E' un onore. Ci sono cose che arrivano così velocemente che è difficile godersele. Per me è felicità, ogni volta che vado in Nazionale sono felice e orgogliosa di poterla indossare. Non tutti hanno questa possibilità. L'Europeo è stato importante, è un qualcosa che ti porti dietro, anche nelle partite col club.
All’Europeo hai vissuto uno dei momenti più belli e più difficili della carriera: dopo la semifinale con l’Inghilterra sei stata bersaglio di critiche e insulti per il gol sbagliato. Come hai vissuto e affrontato quel momento?
—È stato difficile. Era il momento migliore della mia carriera e in un attimo è diventato il peggiore. Poi però rifletti: il calcio è così, o sei dieci o sei zero, non c’è via di mezzo. Le critiche mi hanno toccato un po’, ma per il mio carattere non più di tanto. Mi dispiaceva più per l’errore in sé. In quei momenti devi essere pronta. Purtroppo la gente parla spesso con ignoranza, senza sapere le cose, ma ho imparato a lasciar correre.
In casa Fiorentina anche Mandragora aveva vissuto una situazione simile dopo Praga. Hai avuto modo di parlarci?
—No, direttamente con lui non ho avuto modo. Però ho ricevuto molta solidarietà sia dalla Fiorentina maschile che dalla Nazionale. Non ne ho parlato con lui ma sono d'accordo quando dice che è il rammarico più grande. Spero solo che sia l'unico.
Calcisticamente ti ci rivedi?
—Si, però vorrei essere più simile a lui nel concretizzare. E' molto bravo nel tiro da fuori, Siamo molti simili, e lo noto anche quando vedo le partite, ha un carisma importante che serve alla Fiorentina. Anche io nel mio provo a fare questo.
Ti sei posta degli obiettivi per questa stagione?
—Alzare il livello individuale, finalizzare di più. Voglio cercare di maturare sotto tutti gli aspetti.
Infine, sul calcio femminile: pensi che stia cambiando la percezione del movimento?
—Un po’ sì, ma c’è ancora tanto da fare. Non sono d’accordo con chi propone di ridurre le dimensioni del campo: è una questione mentale e culturale. In Italia c’è ancora tanto maschilismo, non solo nel calcio. Le cose cambieranno davvero quando anche il signore di 60 anni ti fermerà per strada e ti dirà “giochi a calcio” con rispetto e normalità.
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