"Essere capitano significa dare l’esempio, non solo con le parole ma con le azioni, ogni giorno e in ogni allenamento.” Queste le parole di un grandissimo come Carles Puyol, storica bandiera del Barcellona e della Nazionale spagnola, uno che di capitani qualcosa ne capisce. Giocatori di un'altra caratura, sia a livello tecnico sia di comportamento, perché alla base di qualsiasi sport ci deve esser prima di tutto il rispetto (anche per l'avversario). Dispiace dirlo, ma il proprietario della fascia viola odierno di quando in quando passa oltre il limite di quello che dovrebbe essere un capitano. A Luca Ranieri possiamo contestare tantissime cose, ma certo non che non ci tenga alla Fiorentina. Prima le giovanili, poi la tanta gavetta, fino a rimanere fuori rosa negli anni passati. Con tanto duro lavoro è arrivato dov'è adesso, e questo è sicuramente un merito. Non ci concentriamo qua sul livello tecnico (perché non sempre il capitano è il giocatore più forte della squadra), bensì i comportamenti.

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Ranieri, ascolta Gianluca Mancini: perché un capitano non deve comportarsi così
Cambiare? Eccome se si può
—Quelli con il Milan sono gli ultimi esempi di comportamenti ormai stucchevoli. Dalle continue proteste con l’arbitro, al provocare un avversario disteso in area, fino alla spinta su Parisi… La lista sarebbe ancora lunga. L’atteggiamento che sta mostrando Ranieri non sembra quello più utile in una situazione difficile come quella in cui versa la formazione viola. Ci si può lavorare? Un esempio eclatante è quello di Gianluca Mancini, difensore della Roma. Fino a qualche mese fa i comportamenti erano gli stessi di Ranieri, se non peggio. In una recente intervista ha raccontato di aver capito i propri errori, di voler essere un capitano, quando gli spetta la fascia, più lucido, più concentrato sull’aiutare la squadra che sul creare tensioni, tutto questo grazie, ironia della sorte, ad un altro Ranieri, Claudio. I comportamenti si sono rovesciati, e con loro anche le prestazioni in campo.
Essere capitano non significa solo indossare una fascia, ma saper gestire pressione, emozioni e compagni. Ranieri, ieri come non poche volte in passato, ha dimostrato esattamente il contrario: errori evitabili, provocazioni inutili e atteggiamenti sopra le righe che non aiutano la squadra, anzi... La fascia non è un premio per il duro lavoro che nessuno manca di riconoscere, è una responsabilità. E quando chi la porta non sa farne buon uso, il rischio è che il capitano finisca per diventare l’esempio sbagliato da cui la squadra deve guardarsi in un momento di nebbia emotiva.
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