Il momento che sta vivendo la Fiorentina di Pioli è quasi un unicum nella storia viola (QUI IL PRECEDENTE). Non sembrano solo le gambe che non vanno, ma soprattutto la testa. Ogni risultato negativo registrato ha fatto sempre di più demoralizzare l'ambiente, dai calciatori (alcuni irriconoscibili) ai tifosi, stanchi di oramai molte cose. Proprio per questo, la redazione di ViolaNews, ha deciso di contattare Fabrizio Berti, Mental coach, per analizzare assieme delle possibili soluzioni:

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Mental coach a VN: “Quel gesto di Gosens a Kean con la Roma e una domanda da farsi”
Ciao Fabrizio, qual è la prima cosa che il gruppo squadra deve fare in questo momento per ripartire?
—"Ho sentito molte volte il patto per Firenze e per la Fiorentina. I giocatori devono riprendere consapevolezza di chi sono, come persone prima e poi come calciatori. Devono capire cosa possono dare alla squadra e alla città, perché Firenze e la Fiorentina sono una cosa singola. Qualsiasi cosa che attinge allo spogliatoio e al campo, i tifosi li vivono come se fossero familiari. Non credo che nessuno di loro tiri indietro al gamba in questo momento".
Quindi la pressione esterna (tifosi e media) incide molto sulla serenità del gruppo?
—"Non credo che quanto scritto dai giornali incida molto sulla testa del calciatore, anche perché è una cosa che succede a prescindere dal momento. La pressione a Firenze viene da due fronti: i tifosi scontenti nel vedere la propria squadra andare male e la pressione interna che la stessa squadra si è messa per le aspettative stagionali. Pioli ha da subito nominato la Champions League, quindi la domanda dei calciatori, con i risultati che non arrivano, è: siamo veramente da Champions?"
Su Gudmundsson
—"Era un grandissimo calciatore a Genova e qui sta veramente durando fatica, è un punto interrogativo enorme. Non essendo nella sua testa è difficile giudicare cosa ci sia dietro un suo comportamento in campo. È vero anche che rispetto a quanto potesse essere fulcro ne Genoa, non lo è nella Fiorentina. Questa cosa lui la soffre e tende a sparire dalla partita. Toccherà a Pioli ritrovare un patrimonio della società. Nel precampionato disse che il nuovo tecnico stesse insegnando al gruppo delle cose che ancora non erano riusciti a capire, e questa cosa è ancora in atto".
Su Gosens
—"Il fatto di essere leader non necessariamente comporta l'essere il migliore in campo, ci sono molti leader silenziosi e tanti che addirittura stanno in panchina, ma che fanno gruppo. Gosens sta soffrendo l'annata come la sta soffrendo Dodò, vuoi per questi continui cambi di modulo, che non aiuta a conoscersi con i nuovi arrivati. Con Palladino si era trovato uno schema consolidato. La partenza era difficile da prevedere, è cambiato il contesto e si è ripartiti da zero".
"Si dice per alcune squadre "gioca bene ma perde", questa Fiorentina però perde non giocando bene...
—"Una cosa importante è che ci sono stati dei segnali evidenti con la Roma. La sfortuna non andrebbe tirata in ballo, ma la Fiorentina con i giallorossi lo è stata. C'è stato lo spunto per portare il risultato a casa, due legni colpiti vogliono dire questo. Un mio carissimo amico direttore sportivo diceva "Palo fuori, tutto da rifare. Palo dentro, va tutto bene". Il calcio si può riassumere in questo. La Fiorentina adesso si deve concentrare sulle prestazioni non sui risultati. In campo con la Roma delle cose buone si son viste, anche se molte sono da migliorare".
Cosa deve dire lo staff in questo momento alla squadra?
—"Iniziare a sottolineare cosa c'è di buono per ora, sia la domenica che durante la settimana. Anche durante una situazione disastrosa, non si parte mai da cosa non va bene, ma da cosa è salvabile. Se si comincia a lavorare sugli errori, si dimentica di ciò che si è fatto bene. A livello di approccio ringraziare i calciatori per le cose positive fatte con la Roma, dargli fiducia e continuare a lavorare. I giocatori ci sono, in due mesi nessuno forte diventa un brocco".
C'è stato qualche linguaggio del corpo significativo nei calciatori viola?
—"Alcuni calciatori tendono ad abbassare la testa, a scrollare le spalle. È stato ripetuto più volte nelle ultime partite, meno con la Roma. C'è stato un episodio di Gosens con Kean nel quale ho visto molto nervosismo del tedesco. Tutti gli attaccanti brontolano se non gli passi il pallone, e se ce l'hanno vedono solo la porta. Kean in questo momento deve iniziare a pensare più da squadra che da singolo. Oramai è acclamato che sia un grande attaccante, ma deve iniziare a pensare in maniera diversa".
In questo momento c'è il rischio di "spremere" il gruppo a livello mentale?
—"Non sono per i motivatori, credo molto di più nell'aspetto relazionale e di coaching sportivo. Se lavori nel senso di coaching sportivo, rendi autonomi i calciatori autonomi il più velocemente possibile, insegnandoli a fare le cose bene indipendentemente dalla tua presenza o meno. Il fatto di spremere un gruppo lo rischi se viene fatto in maniera violenta, ma se viene fatta in maniera "gentile" il gruppo si auto stimola da solo. La voglia deve arrivare da dentro, se aspettano sempre quella esterna, una volta che mancherà, non faranno bene le cose".
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