Anche sotto il manto erboso il Penzo è unico: a due metri di profondità c’è l’acqua della laguna. Il drenaggio del campo, quindi, deve gestire non solo l’acqua piovana, ma anche quella salmastra che si insinua nel terreno. Eppure, il campo regge. È un piccolo miracolo ingegneristico, figlio della testardaggine veneziana.
La ferita del 1970 e la rinascita
—L’11 luglio del 1970, una tromba d’aria devastante colpì lo stadio. Le tribune furono sradicate, parte del settore oggi noto come “distinti” volò letteralmente dall’altra parte del canale di Sant’Elena. Fu un colpo durissimo. La struttura in legno, fragile ma affascinante, non resse la furia del vento. La capienza dello stadio, che un tempo superava i 25.000 spettatori, venne drasticamente ridotta.
La ricostruzione fu più sobria: meno posti, materiali più solidi, ma senza mai abbandonare lo spirito originale. Oggi lo stadio può contenere circa 11.000 spettatori, che lo rendono uno degli impianti più piccoli della Serie A (quando il Venezia vi partecipa), ma forse anche uno dei più affascinanti d’Europa.
Con la promozione del Venezia in Serie A nel 2021, sono stati effettuati nuovi lavori di adeguamento: migliorie strutturali, interventi di messa in sicurezza, aggiornamenti per rispettare gli standard richiesti dalla massima serie. Ma l’identità dello stadio è rimasta intatta.
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