O c'è qualcuno che pensa che quella di Italiano sia una squadra anche solo minimamente paragonabile a quella di Gasperini? Musso/Carnesecchi in porta; Scalvini, Kolasinac, Hien, Toloi, Djimsiti in difesa; Holm, Koopmeiners, Pasalic, Ederson, De Roon, Bakker (acquistato in estate per 10 milioni), Ruggeri, Adopo, Hateboer e Zappacosta a centrocampo. Per non parlare dell'attacco: Tourè, Scamacca, De Ketelaere, Miranchuk e Lookman. Quanti di loro, tanto per capirsi, farebbero panchina nella Fiorentina? E quanti, invece, sarebbero titolari? Un “roster” costruito negli anni, con una programmazione che alla fine ha portato la Dea a potersi permettere anche giocatori da 30/35 milioni. E questa è una delle (enormi) differenze con la Fiorentina. Anche da quelle parti vendono e hanno venduto fior fior di giocatori (mai a gennaio però, perché la priorità è sempre il risultato sportivo) ma ogni volta, senza eccezioni, hanno reinvestito quanto incassato per portare avanti il percorso.
Vendere bene, acquistare benissimo. Potremmo metterla così, riadattando le parole che Italiano scelse per descrivere che tipo di mentalità volesse dalla sua squadra. Una filosofia possibile solo se si hanno grandi competenze e se si lasciano da parte altri interessi o improvvisazione. E così oggi l'Atalanta è una società che grazie ai risultati sul campo fattura (circa) 50 milioni in più della Fiorentina e tra l'altro quanto successo negli ultimi 12 mesi dovrebbe aver fatto capire alla proprietà viola quanto si possa crescere anche senza uno stadio di proprietà. Grazie al percorso europeo infatti, alla finale di Coppa Italia e alla partecipazione alla Final Four di Supercoppa, i viola hanno appena chiuso un fatturato da record riducendo parecchio il gap con la società dei Percassi. Ciò non significa sminuire l'importanza delle infrastrutture, sia chiaro, ma ribadire che si può far buon calcio comunque.
Sarebbe fondamentale, per esempio, lavorare su continuità, condivisione e senso di appartenenza. A Bergamo l'hanno fatto, dando enorme fiducia a Gasperini e facendo sempre e comunque di tutto per assecondarne le esigenze. Non solo. Hanno lavorato per unire, mai per dividere, creando un'unione granitica tra tutte le componenti e, soprattutto, con la città. Un tema, questo, di cui dentro la Fiorentina evidentemente faticano a comprendere l'importanza. Se c'è un'arma infatti che una piazza come Firenze (così come Bergamo) può giocarsi per provare a colmare il gap con le grandissime città è esattamente quella: l'unione. Vuol dire sapersi confrontare con le critiche, capire l'anima della gente, accettare il confronto sostenendo le proprie posizioni senza che questo voglia dire “combattere” o dividere tra buoni e cattivi, tra tifosi veri e non.
Dettagli, per qualcuno, ma non è così. E' (dovrebbe essere) quella la base su cui costruire. Ricordandosi che “guidare” un popolo (o un governo, o una società di calcio ecc ecc...) è ben diverso dal sentirsene “padroni”. Perché le guide verranno sempre seguite mentre i padroni, alla lunga, finiranno per essere mollati.
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