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L'imbucata

La rivoluzione gentile di Commisso

Magrini
Ecco come Commisso ha distribuito i compiti che prima erano ad appannaggio di Joe Barone
Matteo Magrini

Nulla cambia, perché tutto cambi. Potremmo metterla così, prendendo in prestito il “gattopardismo” e ribaltandone il significato. Il riferimento, ad una settimana dalla tragica scomparsa del direttore generale della Fiorentina Joe Barone, è a come il presidente Commisso ha deciso di “ristrutturare” il club. Lo scriviamo tra virgolette perché, all'apparenza, non c'è stato chissà quale scossone. Anzi. Come prevedibile infatti, i viola ripartono dagli uomini più vicini a Rocco e non ci vuol molto a capire il perché.

Dopo qualche anno infatti, è ormai abbastanza evidente quale sia la politica del presidente e, soprattutto, quale sia il suo approccio con le proprie aziende. Del resto l'ha sempre detto abbastanza chiaramente e in questa occasione non ha fatto altro che confermare la sua visione: pochi uomini, dei quali si fida ciecamente, e ai quali rinuncerebbe soltanto per cause di forza maggiore. E così, per far fronte all'enorme vuoto lasciato da Barone, Commisso non ha fatto altro che promuovere chi già lavorava per lui. Ecco quindi Alessandro Ferrari (già responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne ma comunque da tempo abituato a sedersi a certi tavoli) diventare la figura di riferimento per tutte le questioni politiche e aziendali, con Daniele Pradè che da “semplice” direttore sportivo diventerà una sorta di responsabile dell'area tecnica. Al suo fianco Nicolas Burdisso, mentre Mark Stephan manterrà la carica di amminsitratore delegato e continuerà a coordinare e a gestire gli aspetti finanziari del club.


Quattro uomini, di fatto, al posto di uno. O meglio. Se Stephan infatti non dovrebbe veder cambiare di molto i propri compiti (se non magari per il fatto che sarà lui a dover apporre le firme sui vari contratti) saranno gli altri tre a spartirsi le infinite competenze che l'ex dg aveva sostanzialmente preso (per volere della proprietà, ovviamente) per sé. Una scelta, questo “spacchettamento” dei compiti, più in linea con l'organizzazione degli altri club e che penso si tratti della decisione migliore possibile. Certo, Ferrari, Pradè e Burdisso dovranno (come tutti) superare la prova dei fatti, ma in teoria è così che dev'essere strutturata una società. Non troppi dirigenti, ma ognuno ben concentrato solo e soltanto sulle tematiche a lui più conosciute.

L'importante, va da sé, è che ci sia un programma ben chiaro stabilito dal presidente, che tutti remino nella stessa direzione, che il confronto sia continuo ma costruttivo e che, soprattutto, tutti godano della giusta autonomia. Un discorso questo che vale in particolare per i due che saranno chiamati a costruire la Fiorentina del futuro sul piano tecnico. Due uomini che conoscono il calcio, Pradè e Burdisso, e che per la prima volta forse avranno l'opportunità per lasciare un segno tangibile. Una bella occasione che, come sempre, porta con sé anche una grande responsabilità. Perché Joe Barone aveva sicuramente tanti difetti e ha certamente commesso tanti errori ma, con la sua presenza, ha sempre fatto da scudo a tutti gli altri. Adesso no. Adesso il dg (alla cui famiglia rinnoviamo le condoglianze) non c'è più e tocca a chi ne prenderà il posto assumersi oneri e onori.

Una “rivoluzione” gentile, tanto per tornare da dove siamo partiti, ma pur sempre una rivoluzione. Dall'uomo solo al comando, ad una precisa divisione di ruoli e competenze. Nulla sembrerebbe esser cambiato insomma e invece, almeno in teoria, tutto potrebbe cambiare.

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