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il ricordo

Un Papa che ha cambiato la storia della Chiesa. Amava il calcio, aveva fatto l’allenatore

Enzo Bucchioni Editorialista 
Papa Francesco però aveva anche un difetto, la passionaccia che abbiamo tutti noi per il pallone

Ci lascia un Papa che ha cambiato il corso della storia della Chiesa, l’ha riportata dove avrebbe dovuto sempre stare, come l’aveva pensata Cristo: vicina agli umili, ai poveri, agli ultimi. Francesco era questo da sempre e nel momento in cui ha scelto il nome è stato chiaro quella che sarebbe stata la sua missione: un Papa a suo modo, un rivoluzionario.

“Fare le riforme a Roma è come pensare di pulire la Sfinge in Egitto con uno spazzolino da denti”, disse un giorno davanti alle resistenze che ostacolavano la sua idea di cambiamento e di rinnovamento.

Non si è fatto intimorire e non l’hanno fermato. Sicuramente rallentato, ma fermato no. Con quel coraggio che deve essere una qualità e una prerogativa di ogni cristiano, Papa Francesco ha cercato di liberare la Chiesa dalla zavorra degli scandali sessuali e non, dal sottobosco di un potere economico che l’aveva pesantemente condizionata e allontanata dalla gente.

Semplicità e umiltà sono state le sue parole d’ordine

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Ha lavorato fino all’ultimo per un mondo diverso, contro le guerre e per la pace, tutte le sere telefonava al parroco di Gaza. Gli emarginati e gli afflitti erano davvero nel suo cuore. La semplicità era la sua forza. Non so se gli ultimi saranno davvero i primi, ma Papa Francesco ci ha creduto e ha provato fino all’ultimo a fare di tutto, affinché un giorno possa essere così.


La sua morte ha un sapore profetico, non si è risparmiato, non ha fatto la convalescenza consigliata dai medici, ha voluto vivere la Pasqua fino all’ultimo con il significato profondo di sacrificio e redenzione che si porta dietro. Le immagini della mattina di Pasqua, il passaggio di Francesco vestito di bianco, ripreso di spalle, mentre taglia la folla, la sua gente, lasciano dentro la sensazione fortissima di una premonizione. Un messaggio forte che andava colto: che la sua morte diventi oggi una nuova Pasqua per l’umanità. Cogliamolo oggi e ciascuno di noi ne faccia una sua piccola o grande missione. O una semplice idea di vita.

Papa Francesco però aveva anche un difetto, la passionaccia che abbiamo tutti noi per il pallone

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In Argentina aveva praticato questo sport da ragazzo, come tutti. Forse non era così bravo, come tanti di noi, e allora ha fatto l’allenatore delle squadrette dei ragazzini negli oratori di Buenos Aires.

E tifava, eccome se tifava. La squadra del suo cuore era quella del San Lorenzo, mostrava con orgoglio la tessera di socio e gli piaceva ripetere a voce alta la formazione. Un tifoso vero.

Insomma, Papa Francesco uno di noi. Un uomo fra gli uomini. Ci mancherà, la speranza è che manchi davvero anche alla Chiesa e che la sua eredità morale non venga dispersa troppo in fretta.

Anche lo sport è in lutto e s’è fermato.

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La Fiorentina è rimasta in Sardegna e giocherà, come sapete, domani sera alle 18.30. Non sono mancati i disagi, ma con la giusta e profonda riflessione certi momenti possono diventare importanti anche per questi ragazzi, possono dare la carica e la serenità, far capire i valori veri per affrontare con coraggio le cose che li aspettano. Grandi o piccole che siano. In campo e fuori.